Regia di Ali Asgari vedi scheda film
VENEZIA 74 – ORIZZONTI
Una notte due giovani accorrono in ospedale, comunicando all’accoglienza che la ragazza ha un’emorragia ed ha bisogno di essere visitata. I due si presentano come coniugi, ma capiamo presto che si tratta di due giovani fidanzati alle prese con il primo concreto approccio sessuale, vietatissimo dalle circostanze e dai dettami religiosi che regolano i comportamenti tra uomo e donna in Iran e in molta parte dell’area mediorientale.
Infatti il personale, scaltro e abituato ad affrontare situazioni simili, e per nulla disposto a venir meno a disposizioni di legge e religiose che potrebbero arrecar loro danni professionali e morali irrecuperabili, non si dimostra disposto a cedere alle richieste dei due, nemmeno di fronte alle manifeste sofferenze della giovane, visibilmente indebolita dalle perdite subite, o alle reiterate, quasi ossessive, ma di fatto inutili insistenze da parte di entrambi i giovani.
Pertanto nessun medico o paramedico si dimostra impietosito a tal punto da convincersi a visitare la ragazza, non senza quei documenti che attestino la circostanza che i due sono marito e moglie, o senza che il padre della ragazza si presenti a firmare, convalidando il proprio accordo.
Ma il rapporto ancora clandestino dei due non permette ai giovani di rivelare ai genitori il loro comportamento oltraggioso rispetto alle usanze ed ai dettami religiosi.
Scoraggiati, ma non vinti i due ragazzi provano in un’altra struttura, questa volta privata, sperando che quest’ultima circostanza ed un po’ di denaro possano indurre il medico a soprassedere alle prassi di leggi, altrove inderogabili.
Sarà solo l’inizio di una notte da incubo, ove i due riceveranno solo rifiuti ed il problema fisico-sanitario verrà considerato in secondo piano di fronte alla burocratica intransigenza delle disposizioni di legge che, influenzate dalla rigida dottrina religiosa, impongono codici di comportamento che vanno ben oltre il raziocinio e il concetto di urgenza.
Il giovane regista esordiente Ali Asgari ci trasporta nel mondo delle incongruenze che ancora oggi fanno parte del vivere oggi in Iran: la burocrazia, il timore di andare incontro alle severe disposizioni etico religiose che diventano vere e proprie leggi, addossando conseguenze penali su tutti coloro che le travisano, e andando ben oltre ogni ragionevole necessità di intervento che possa giustificare un’urgenza o uno stato di necessità.
Prosegue con ulteriori giovani autori cinematografici, quella vitale ondata neorealista che ha tracciato sentieri indelebili e indimenticabili nell’ultimo trentennio cinematografico, quegli stessi che hanno reso la cinematografia iraniana un coraggioso caposaldo per la rivendicazione di diritti umanitari e principi a tutela della propria persona, che solo nel nostro altrimenti caotico e per certi versi involgarito Occidente, paiono come dei veri e propri inalienabili diritti legati alla vita e al vivere in società.
Anche stavolta una denuncia schietta, lucida, evidente, ma che si limita al singolo caso, alla circostanza strettamente legata alla circoscritta vicenda, evitando per necessità di cose di ingigantire il fulcro del discorso con proclami manifesti su un comportamento ufficiale, al solo scopo di evitare controproducenti censure o vere e proprie persecuzioni; quelle stesse che hanno costretto all’esilio autori ormai di culto come Kiarostami, o hanno reso perseguitati e costretti ad esprimersi in modo clandestino, autori letteralmente perseguitati dal regime, come il coraggioso Jafar Panahi.
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