Regia di Ali Asgari vedi scheda film
Venezia 74. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.
Se pensassimo come Norbert Elias, sociologo tedesco di origini ebraiche degli anni 30, dovremmo immaginare il concetto di civiltà come al mutamento dei costumi e delle convenzioni che induce la progressiva riduzione delle differenze sociali e nazionali. Un luogo civile è caratterizzato da forme di autocontrollo anziché eteronomiche forme di presidio. In sostanza in una nazione civile ogni soggetto sarebbe in grado di adottare comportamenti idonei e rispettosi delle libertà altrui senza obblighi imposti. Alla luce di questo pensiero possiamo affermare che l'Iran sia uno Stato civile? Molti intellettuali, si interrogano sul tema e, negli ultimi anni, in particolar modo, si dibatte sulla differenza sociale tra donne e uomini. Una differenza netta, che lo Stato alimenta invece che ridurre. Possibile che metà della popolazione venga sistematicamente discriminata per mantenere inalterata l'integrità morale della restante parte? Le donne iraniane vedono calpestati, in modo evidente, i propri diritti civili, da quando nel 1979 la rivoluzione si impadronì del paese per instaurare una teocrazia Islamica che le privò di ogni ruolo nella vita pubblica. In quarant'anni le cose sono persino peggiorate. Le donne sono sottoposte ad un rigido codice di comportamento, dipendono economicamente da padri e mariti, mentre i governi ultra conservatori studiano ulteriori forme disgregative come scuole e reparti ospedalieri esclusivamente femminili e progetti di legge che impediscano alle non madri di accedere al mondo del lavoro. Il controllo della legge sulla vita femminile è totale. Il cinema iraniano, che non manca certo di straordinari talenti, seppur imbrigliato dalle regole della censura, cerca di rendere visibile il problema della mancanza di diritti e di libertà delle fasce deboli della società. Ci prova anche Ali Asgari la cui opera prima è stata presentata a Venezia nella sezione Orizzonti. "Disappearance", questo il titolo, segue le vicende di una ragazza che si reca in pronto soccorso per fermare un'emorragia causata da un rapporto, voluto, ma illegale poiché non è sposata. La protagonista é costretta a mentire al personale medico che però non crede alle sue parole e pretende l'autorizzazione all'intervento chirurgico che solo il padre può darle. Da quel momento inizia la personale Odissea della giovane perché nessun istituto di Teheran vuole infrangere la legge per curarla. La società iraniana è proiettata verso un futuro tecnologico tra internet e smartphone ma annaspa continuamente contro le idee conservative del regime non più allineate al pensiero giovanile. La visione del regista è da neorealismo. Nessun intervento o dichiarazione anti-governativa, che sarebbe un suicidio professionale, ma la semplice rappresentazione di una città buia e fredda e dei sui giovani abitanti alle prese con i fatti della vita e le cui emozioni vengono analizzate senza artifici. Una scelta registica non scevra da rischi e ambiguità: in occidente il messaggio del film a favore della libertà di scelta è chiaro ma in Iran può essere facilmente addomesticato per ribadire che comportamenti scorretti portano a cattive scelte, non ultima quella del più aperto e criptico dei finali. L'opera di Asgari è sicuramente preziosa, e speriamo, che insieme ad altre successive, rintuzzi la fiamma del dibattito fino ad arrivare ad una auspicata rilettura della vita civile in questo paese dalla straordinaria cultura passata ma con un futuro ancora tutto da definire.
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