Regia di Samuel Maoz vedi scheda film
Due genitori di mezza età ricevono la notizia della morte del figlio, impegnato in un check point israeliano in un luogo isolato e lunare ai confini del mondo. Ma si tratta di un errore anagrafico: il morto non è lui. Alla disperazione e alla rabbia per come sono state date le notizie e condotte le operazioni, i genitori reagiscono alla notizia chiedendo che il ragazzo sia rimandato a casa. Stacco. Siamo nel luogo dove il giovane presta servizio insieme ad altri tre commilitoni, tra passaggi di dromedari e polvere. Un incidente pesa sulla coscienza della giovane sentinella. Poi un altro incidente. Stacco. I genitori - come nel ballo foxtrot che riporta sempre tutto al punto di partenza, devono elaborare il lutto.
Già in Lebanon l'israeliano Samuel Maoz aveva dato prova di una grande capacità formale, soprattutto nella lavorazione del sonoro, qui davvero impressionante, una sorta di interprete aggiunto e invisibile. Qui l'esercizio di stile per buoni tratti si mangia l'intero film, con scantonamenti di puro non sense, riprese dall'alto anche in ambienti chiusi, lunghissime pause di silenzio rotte soltanto da rumori fuori scena. Un patchwork che enfatizza lo stile visibilissimo di Maoz, messo a servizio di un racconto quasi afasico, lentissimo, ellittico, eppure di notevole suggestione, che va a chiudersi sulle note elegiache della splendida Spiegel im Spiegel di Arvo Pärt.
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