Regia di Samuel Maoz vedi scheda film
VENEZIA 74 - CONCORSO - GRAN PREMIO DELLA GIURIA
Ad una famiglia benestante israeliana, una mattina, una professionale guarnigione militare si presenta alla porta per renderli edotti della notizia più terribile che un genitore può ricevere: la circostanza che il loro ragazzo risulta "caduto nell'assolvimento dei propri doveri".
Le conseguenze sono devastanti per entrambi i coniugi, ma mentre la moglie ha la fortuna di svenire ed essere sedata, per il marito e padre dello sventurato, la gestione del lutto si rivela un calvario destabilizzante, reso ancor più doloroso dalle mille raccomandazioni che l'equipe organizzata e professionale si prodiga a fornire all'uomo ("mi raccomando, beva un bicchiere d'acqua ogni ora", diviene un refrain dal sapore quasi grottesco).
Successivamente una incredibile circostanza, che non è corretto rilevare in questa sede, scombina le carte in tavola, ma non aiuta molto a far tornare quella serenità comportamentale di cui si presumeva portatrice, in un ambito familiare che si accende di ulteriori tensioni e nervosismo.
La vicenda infine si sposta sul confine militare, per tracciare la vita al fronte di quattro militari appena ragazzi, tra pericolo costante e noia infinita, cammelli solitari ed errabondi come unici o quasi comici visitatori del punto di controllo posto in una strada in mezzo al nulla, ove un fucile può a volte rappresentare il partner più adatto per improvvisare qualche brillante passo di foxtrot, o trasformarsi nello strumento di morte indiscriminata per cui è stato creato.
Infine si ritorna in famiglia: ed è tempo di bilanci, di ricordi, di terribili rimorsi, che gettano incognite nelle certezza poco prima accumulate dallo spettatore, costretto quasi saducamente al giogo di un narratore beffardo e crudele che gli impone soluzioni e decide gli esiti delle rispettive partite con la vita e la morte delle sue pedine sullo schermo.
Ritorna, e ne siamo orgogliosi, il gran regista di Lebanon: la forma di regia risulta sublime; la sceneggiatura sfaccettata in tre atti - potremmo intitolarle "la disperazione, la noia goliardica, e la beffa del destino" - sono elaborate in modo piuttosto meccanico e costruito, artificioso e provocatorio, ma Foxtrot rimane una grande esperienza cinematografica che lascia il segno e turba, innervosisce, provoca risate nervose, lascia sfibrati e scombussolati nell'animo.
Nel cast il divo israeliano de Matrimonio tardivo, Yossi e molti altri titoli noti anche in Occidente, Lior Ashkenazi, fa la parte del leone in tutti i sensi.
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