Regia di Samuel Maoz vedi scheda film
"Sai che il Foxtrot è anche una danza?".
Tre atti per illustrare una parentesi grottesca dal dolore della guerra. Foxtrot di Samuel Maoz è questo, un continuo aggirare lo spettatore fra scarti tonali, inversioni di marcia e ciniche fissità. Il regista israeliano non perde mai in rigore anche quando ciò che mostra ha abbandonato il rigore da un pezzo, conducendo la cinepresa a movimenti sempre fluidi, attoniti e attenti, vispi e guardinghi nei confronti di protagonisti imprevedibili. Foxtrot si rivela, andando avanti con il minutaggio, un atto di ribellione contro la natura depressiva di qualsiasi guerra e di qualsiasi conflitto, una valvola di sfogo fuori controllo ma costretta a seguire i binari di una regia razionale. Una follia controllata, un contenitore ribollente, capace di fare esplodere saltuariamente le frustrazioni in maniera imprevedibile.
Sarebbe infatti impossibile elencare tutti i momenti letteralmente nonsense del film di Maoz, che in barba alle aspettative dello spettatore ripiega verso un registro lucidamente schizofrenico, talvolta ironico anche oltre la correttezza politica. Eppure il regista non conferisce alla pellicola l'equilibrio che ci si sarebbe aspettati da 8 anni di stasi post-Lebanon, Leone d'Oro a Venezia nel 2009. Forse nella voglia esplicita di lasciare andare, talvolta, uno spirito entusiastico irriverente e spontaneo tra gli spiragli lasciati da quello rigoroso e fisso, Maoz getta in maniera squilibrata e disattenta, alla fin fine, i semi del nonsense nella sua pellicola. Il risultato non è un lento suggerimento sussurrato come vorrebbe sembrare dalla maggior parte della pellicola, ma un susseguirsi sincopato e imprevedibile di effetti ad hoc, che sorprendano lo spettatore in termini di impressione, più che per effetto di una lucida analisi del tutto. Foxtrot vive dunque di un equilibrio precario, ammaliante nella confezione ma indeciso in ciò che dall'interno cerca di uscire dalla confezione stessa. Un balletto surreale in tre atti, che qualunque strada prenda ritornerà sempre al punto di partenza, nell'inevitabilità di un destino beffardo che si prende gioco dei personaggi come dello spettatore; che in parte delude alla luce di 45 minuti iniziali impressionanti e fortissimi. Di furberie se ne contano a bizzeffe, troppe rispetto alla semplicità del film; ma sono furberie entusiastiche, giovanili (non siamo ancora dalle parti della vera maturità), non davvero costruite a tavolino ma risultato di un vero desiderio di sfogo. Dunque a Foxtrot si conceda il beneficio del dubbio, alla luce di un'eleganza estetica che non viene mai meno al desiderio sincero di riscatto e alla voglia profonda di mostrare, raccontare e sorprendere, al prezzo del macchiettistico e dell'improbabile.
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