Regia di Rä di Martino vedi scheda film
Un uomo vuole tornare a casa sua nuotando in tutte le piscine delle case dei suoi amici, disposte una dopo l'altra in modo da generare un fiume. Quel fiume si chiamerà Camilla, come il nome della moglie dell'uomo. Ma tutto è in realtà un film, interpretato da attori; o nel frattempo sta succedendo davvero? O anche gli altri recitano? Su cosa sarà il film?
Controfigura è un ingenuo tentativo tutto nostrano (anche un po' marocchino, letteralmente) di fare cinema sperimentale. Il suo titolo è il risultato di un dialogo piuttosto buffo che sbuca fuori fra una scena e l'altra, dopo un'ora di film, a proposito del significato del prefisso "meta-" nella lingua italiana; alla fine il risultato è che il meta-attore è analogo alla controfigura. Va bene. Allora Controfigura è un Controfilm, perché fa del metacinema spicciolo, si conceda il sillogismo. Un metacinema in cui si pensa basti passare dalla realtà alla finzione con semplicità e velocità e cambiare ambientazione ogni 5 minuti per disorientare. In realtà, il disorientamento in Controfigura è nullo, neanche abbastanza complesso da indurre una bella sega mentale (che magari un po' di soddisfazione la darebbe). Invece lo spettatore neanche troppo attento è sempre un passo avanti al film, in grado di prevedere che la prossima scena sarà un "trabocchetto", un cambio di formato o di stile di ripresa. Non è difficile prevederlo, né è difficile risolvere presto presto i problemi(ni) riguardo gli eventuali "livelli di realtà" del film: il livello è solo uno, quello ingenuo che tira disperatamente la corda fino a una durata che assomigli a quella di un lungometraggio, quello scontato che rifila discorsi poco interessanti sul carattere "liquido" della realtà e dell'identità quando si parla di cinema, quello piatto che non procura alcuno scossone, alcuna sorpresa, alcun sussulto, alcuna emozione. Perché in Controfigura non c'è emozione, e nemmeno insistito intellettualismo, e nemmeno nichilismo, e nemmeno cinismo, nemmeno satira. E' solo un modo atono e stupidino per prendersi sul serio.
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