Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film
Il risultato più alto raggiunto da Antonioni. Vi si ritrovano, finalmente con impeccabile lucidità espositiva e una capacità di sintesi difficilmente riscontrabile nelle precedenti opere dell'Autore, tutti i temi e gli espedienti estetici di 20 anni di cinema di contemplazione esistenzialista e di ricerca formale: sul piano dei contenuti, il rapporto fra realtà e apparenza, fra oggetto e soggetto, la percezione del reale e la sua riproduzione attraverso i media (in Blow-Up , la fotografia; in questo film, il reportage, il nastro registrato, nonchè il cinema stesso, strumento per antonomasia di manipolazione del materiale audio-visivo); l'incomunicabilità; il concetto stesso di identità, la fuga dalle proprie responsabilità, la necessità di indossare una maschera; l'ambiguità fra presenza e assenza; sul piano della tecnica narrativa, lo stratagemma del "falso giallo", del depistaggio, del road-movie esistenziale; la perlustrazione enigmatica dell'ambiente circostante e, di conseguenza, la relazione dell'uomo con lo spazio, sia esso una camera chiusa o un territorio all'aperto (la distinzione si abbatte nell'incredibile piano-sequenza conclusivo). Gli attori sono tutti perfetti; Nicholson si dimostra un fuoriclasse. E Antonioni, dopo 20 anni di carriera a fasi alterne, si lascia finalmente alle spalle i passaggi a vuoto, irrisolti, di alcuni momenti della Trilogia, nonchè l'intellettualismo di Blow-Up e le ingenuità di Zabriskie Point, e realizza un'opera di assoluto spessore, pienamente risolta nonostante la sua complessità, aiutato da una sceneggiatura geniale. E' in definitiva un suggello a quella straordinaria stagione del cinema europeo d'Autore che sono stati gli anni 60 e 70.
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Dissento nella sostanza, ritenendo straordinari ed inarrivabili sia L'avventura che La notte (tutt'altro che parzialmente risolti), e proprio per gran parte dei meriti da te citati in quest'occasione. Poi i quasi vent'anni di distanza fra le opere incidono eccome, per una valutazione artistica (in parallelo, sarebbe come declassare "Le mademoiselle d'Avignon" con le sue apparenti irrisolutezze, rispetto ai successivi capolavori picassiani pienamente cubisti). La genesi di una creazione cinematografica “moderna”, l'originalità della poetica, l'impatto di un linguaggio filmico antinarrativo (formalmente ed esteticamente rivoluzionario) sono stati e rimangono per me, elementi imprescindibili per un giudizio complessivo sull'opera di Antonioni, risultando certamente superiori in confronto alle capacità (importanti, beninteso) di rielaborazione e risoluzione (in funzione perfezionistica) di tematiche e stilemi già introdotti. Comunque una gran bella recensione! Ciao.
La recensione è perfetta, complimenti! Concordo pienamente su tutto, in primis sul giudizio, e infatti anche io lo considero certamente il capolavoro di Antonioni, superiore rispetto ai pur ottimi L'avventura, L'eclisse e Blow-up. E' indubbio che qui non ci sono quei passaggi a vuoto a cui alludi nella trilogia dell'incomunicabilità : vi erano in quei film piccoli difetti dovuti, a mio parere, a cadute di sceneggiatura, che in Antonioni non ha mai eguagliato la straordinaria sensibilità visiva (molti critici hanno dovuto riconoscere questa componente irrisolta di dialoghi non sempre all'altezza e di un certo manierismo nell'analisi psicologica). Qui invece tutto è perfetto ed efficace, le immagini, il significato, i dialoghi, il ritmo : uno dei più grandi film degli anni '70 e del cinema moderno. Dispiace che l'amico Inside man, finissimo conoscitore del cinema di Antonioni, non sia d'accordo sul giudizio di questa opera
Volevo precisare (ma si evince bene credo) che il mio commento non riguardava il giudizio su questo specifico film, bensì il suo rapporto con l'intera opera di Antonioni (d'altronde mi pare sia anche l'obiettivo principale della recensione e della tua opinione). Su tali basi, e considerando ciò che scrivi Steno, è evidente che non mi consideri un finissimo conoscitore di Antonioni (e la notazione è reciproca). Pazienza, e ti ringrazio comunque.
Volevo dire che sei un grande appassionato di questo regista, di cui abbiamo già discusso in altre occasioni... Poi non è detto che il film, per essere valutato, vada necessariamente messo in relazione a quei parametri di innovazione che tu ritieni di aver trovato principalmente nei film precedenti (e qui si potrebbe aprire un lungo discorso) : soltanto, secondo me è invecchiato meglio, è più bello e più efficace
Grazie dei commenti, ragazzi. L'altra sera riflettevo ancora su questa pellicola (d'altra parte un'opera come questa si presta ad essere riconsiderata di continuo e ogni volta si scoprono risvolti inediti). Ho pensato che il valore di Professione Reporter rispetto alla Trilogia sia anche nell'allargamento del concetto di incomunicabilità. Nei film della Trilogia si trattava in sostanza di incomunicabilità sentimentale e riguardava i rapporti fra amanti. In Professione Reporter, l'incomunicabilità assume un significato più profondo: è l'incomunicabilità dell'Uomo nei confronti del mondo che lo circonda e in cui è "costretto" a vivere (che si riflette nella rinuncia alla propria identità e nella conseguente chiusura di sè stesso verso l' "altro"), ma è anche l'incomunicabilità di chi fa della comunicazione la propria professione o missione (l'incapacità del reporter di rendere in maniera efficace il dramma di un Paese del terzo mondo alle soglie della guerra civile). E da questa chiave di lettura, emerge il valore "politico" del cinema di Antonioni, con il tema della reponsabilità: l'Uomo deve rispondere del fatto stesso di essere vivo (e costantemente in relazione ad altre persone o situazioni), così come l'addetto ai media (il reporter, ma anche Antonioni stesso, in qualità di cineasta) deve rispondere dell'immagine e dell'idea di realtà che trasmette attraverso il suo lavoro, siano essi reportage o film.
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