Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film
Il risultato più alto raggiunto da Antonioni. Vi si ritrovano, finalmente con impeccabile lucidità espositiva e una capacità di sintesi difficilmente riscontrabile nelle precedenti opere dell'Autore, tutti i temi e gli espedienti estetici di 20 anni di cinema di contemplazione esistenzialista e di ricerca formale: sul piano dei contenuti, il rapporto fra realtà e apparenza, fra oggetto e soggetto, la percezione del reale e la sua riproduzione attraverso i media (in Blow-Up , la fotografia; in questo film, il reportage, il nastro registrato, nonchè il cinema stesso, strumento per antonomasia di manipolazione del materiale audio-visivo); l'incomunicabilità; il concetto stesso di identità, la fuga dalle proprie responsabilità, la necessità di indossare una maschera; l'ambiguità fra presenza e assenza; sul piano della tecnica narrativa, lo stratagemma del "falso giallo", del depistaggio, del road-movie esistenziale; la perlustrazione enigmatica dell'ambiente circostante e, di conseguenza, la relazione dell'uomo con lo spazio, sia esso una camera chiusa o un territorio all'aperto (la distinzione si abbatte nell'incredibile piano-sequenza conclusivo). Gli attori sono tutti perfetti; Nicholson si dimostra un fuoriclasse. E Antonioni, dopo 20 anni di carriera a fasi alterne, si lascia finalmente alle spalle i passaggi a vuoto, irrisolti, di alcuni momenti della Trilogia, nonchè l'intellettualismo di Blow-Up e le ingenuità di Zabriskie Point, e realizza un'opera di assoluto spessore, pienamente risolta nonostante la sua complessità, aiutato da una sceneggiatura geniale. E' in definitiva un suggello a quella straordinaria stagione del cinema europeo d'Autore che sono stati gli anni 60 e 70.
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