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Fahrenheit 451

Regia di Ramin Bahrani vedi scheda film

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La recensione su Fahrenheit 451

di supadany
4 stelle

Abituati come siamo a vedere con sospetto ogni regola imposta, non riusciamo a captare il futuro, cotti a puntino per sostenere a spada tratta cambiamenti che potrebbero essere ben peggiori di quanto una politica blanda – e sostanzialmente incapace – potrebbe disegnare.

Dato il malcontento generale e dilagante a ogni latitudine, il remake di Fahrenheit 451 diretto da Ramin Bahrani per Hbo cade nel momento storico più appropriato, peccato non vada oltre a un aggiornamento oleografico, rimanendo aleatorio quando dovrebbe sopraggiungere uno slancio, utile giusto – e soltanto - per riportare alla memoria l’originale diretto da François Truffaut, quello sì assolutamente imperdibile, una pietra miliare da tenere a memoria.

In un futuro temporalmente non ben identificato, la libertà di opinione è bandita, tanto che i vigili del fuoco non devono più spegnere gli incendi, bensì bruciare i libri e cancellare qualsiasi forma di pensiero sia rischiosa per il regime dominante. In questa realtà, Beatty (Michael Shannon) è un integerrimo esecutore, ma il suo adepto, nonché erede designato, Guy Montag (Michael B. Jordan), palesa dei dubbi quando entra in contatto con la ribelle Clarisse (Sofia Boutella). 

La possibilità di salvare e tramandare la conoscenza di secoli di cultura richiede a Guy di mettersi in gioco, senza escludere un sacrificio estremo.

 

Michael Shannon, Michael B. Jordan

Fahrenheit 451 (2018): Michael Shannon, Michael B. Jordan

 

Il periodo storico che stiamo vivendo è – ahinoi e da qualsiasi punto di vista lo si voglia scansionare – perfetto per rieditare il capolavoro diretto nel 1966 da François Truffaut.

Sfortunatamente, l’affidabile Ramin Bahrani non riconferma le doti di osservazione intraviste nei suoi precedenti A qualsiasi prezzo e 99 homes, entrambi in concorso a Venezia e portatori di una visione tutt’altro che innovativa ma assolutamente integra e pertinente, calzante alle singole contingenze prese in esame (il profitto speculativo, commerciale e produttivo nel primo, immobiliare nel secondo).

In questo caso, la denuncia sui rischi che stiamo correndo è chiara, ma l’esposizione è labile, soggetta alle intemperie, le stesse che vuole trasmettere.

Di fatto, la sostanza è ben visibile. Quando il sistema democratico genera malcontento, si apre il varco a posizioni estreme che, per modificare gli equilibri, rivoluzionano usi e costumi. Nella fattispecie, ogni forma di conoscenza letteraria è reputata dannosa e deleteria, il popolo è subito affabulato, tanto più che – già oggi - leggere e informarsi per la maggioranza non ha più senso, d’altro canto i poteri forti si nutrono da sempre dell’ignoranza del popolo per proliferare senza ostacoli.  

Purtroppo, l’apparato filosofico è di tutt’altra costituzione, annientato all’origine. Il motore gira a memoria e timidamente, senza ricercare un’analisi puntuale e psicologicamente si dimostra poco arguto, diretto e frettolosamente ristretto come una produzione televisiva - il più delle volte - necessita, scavallando, anche brutalmente, ogni altra impellenza.

In un contesto che come nasce si esaurisce, poco influiscono le interpretazioni, da abile – e collaudato - meschino di Michael Shannon e da giovane eroe con tanto di ravvedimento in corso d’opera di Michael B. Jordan.

Ulteriori elementi che conducono alla nascita di un film in grado di stimolare una riflessione ma che, in fondo, è sostanzialmente innocuo, colpendo l’attenzione solo di chi non conserva il ricordo dell’originale e che può tornare utile esclusivamente per (ri)prenderlo in mano.

Volendo anche dignitoso, ma in buona sostanza esangue.

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