Regia di Gabriele Muccino vedi scheda film
NEI CINEMA DAL FEBBRAIO 2018
VISTO SU RAI PLAY NELL’APRILE 2022
“Le vite normali non esistono”, dice nel finale una delle protagoniste. E il modo migliore per verificarlo, magari per le nozze d’argento di mamma e papà, è organizzare una bella riunione di famiglia, con la quale mettere insieme, riavvicinare persone che di norma a malapena si frequentano e che, negli anni, della propria vita in un modo o nell’altro hanno fatto strame. Chi, se non Gabriele Muccino (che a mio avviso ha fatto centro pieno l'ultima volta nel 2008 con lo statunitense Sette anime) poteva non lasciarsi sfuggire l’occasione di concepire questo A casa tutti bene - che per idea di fondo e titolo rievoca il Giuseppe Tornatore di Stanno tutti bene (1990) - ispirato proprio da questo soggetto da lui scritto e poi sceneggiato a quattro mani con Paolo Costella, sodalizio riproposto due anni dopo, nel 2020, con il deludente Gli anni più belli?
Chi, se non Gabriele Muccino, poteva cogliere l’opportunità di riunire un gruppone di bravi attori italiani, molti dei quali suoi storici feticci, e buttarli allo sbaraglio tra matrimoni falliti, disastrosi rapporti parentali, corna, urla e strepiti, lacrime, gelosie, invidie, disistima e discriminazione il tutto, manco a dirlo, inquadrato in quella zona di sicurezza finanziaria di questo ceto medio italiano viziato e nevrotico che il regista romano ha deciso di rappresentare ogni volta che lavora nel proprio Paese e narra di esso?
Dicevamo, nozze d’argento per mamma – Stefania Sandrelli (voto 6,5), mortificata da una vita di moglie remissiva di un prepotente narcisista – e papà – Ivano Marescotti (voto 6,5), appunto il marito di cui sopra che alla fine urla: “Io sono cresciuto da orfano, non la sopporto la famiglia!”. Nella loro mega villa su una non identificata isola italiana confluiscono figli, nipoti e nipotini, ex nuore e nuove mogli frustrate e velenose, quasi tutti invecchiati e incattiviti, senza più forza né pazienza. Tutti imprigionati più del previsto in una condizione esplosiva a causa delle avverse condizioni del mare che bloccano gli aliscafi.
Il cast è foltissimo. In ordine alfabetico: Stefano Accorsi (voto 6,5), il figlio “artista” e viaggiatore, senza progetti, che a inizio film sembra l’unico a salvarsi dal delirio generale eppure man mano viene fuori nelle sue debolezze e incongruenze; Carolina Crescentini (voto 5,5), seconda moglie isterica, possessiva e gelosa senza motivo, in un ruolo mal scritto, eccessivo che la penalizza; Elena Cucci (foto 6), la cugina persa di vista, troppo carina e sorridente per essere solo una cugina; Tea Falco (voto 6,5), incisiva nella parte della moglie bora romana ma solidale col marito da tutti bistrattato; Pierfrancesco Favino (voto 6), marito infelice - perché intossicato dalle scorie di un primo matrimonio che, col proverbiale senno di poi, percepisce come assai migliore del secondo - e quelle della nuova situazione coniugale, turbata dalle bizze di una moglie ingestibile; Claudia Gerini (voto 6), relegata a una parte quasi secondaria, con poche battute, donna e moglie stanca di immolare la propria vita al malessere altrui; Massimo Ghini (voto 6), sacrificatissimo nel ruolo dello spaesato colpito da malattia di Alzheimer; Sabrina Impacciatore (voto 7), sempre molto brava anche nei ruoli più drammatici, moglie tradita, frustrata, che tenta di tenere vivo un matrimonio finto quanto infelice; Sandra Milo (voto 6), personaggio secondario della vecchia zia che non vede l’ora di tornare a casa propria; Giampaolo Morelli (voto 6,5), credibile nei panni del marito insoddisfatto, con l’amante che lo pressa ma vigliacco e incapace di mettere chiarezza e ordine nella propria vita; Valeria Solarino (voto 6,5), efficace nel ruolo dell’ex moglie che ha ormai trovato un nuovo equilibrio; Gian Marco Tognazzi (voto 7), uno dei migliori del plotone, fa il nipote scapestrato, squattrinato, inconcludente, debole e respinto dai parenti che lo accolgono solo come strimpellatore di piano e lo ripudiano perché ossessionati dalle sue insistenti richieste di aiuto.
L’illusione di quasi tutti gli adulti è quella di poter continuare a percepire i familiari come quando, da bambini, ci si trovava tutti insieme per feste comandate e villeggiature. Ma la vita demolisce l’innocenza dell’infanzia ed esalta affanni e meschinità. Di tutti, senza distinzione. Questo penultimo lungometraggio di Muccino ce lo ricorda, ma la sensazione che ci trasmette è di un’enfasi eccessiva, nel bene e nel male, nel dipanarsi di un racconto in immagini che si prende troppo sul serio. Gli attori ce la mettono tutta per dar corpo a una storia però prevedibile ed estrema, aiutati quantomeno da una bella ambientazione e da una colonna sonora gradevolmente rievocativa. Strappa la sufficienza, ma nulla di più. Voto 6,2.
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