Regia di Natalia Garagiola vedi scheda film
Temporada de caza prende le mosse dagli ambienti boscosi dell'Argentina più rurale, scenari di un intimo dramma familiare narrato come un tipico bildungsroman sulla carta stavolta più cupo di ciò che convenzionalmente si vede. Diretto in maniera quasi dardenniana per l'ostinazione zavattiniana di inseguire (con camera a mano) i volti dei personaggi, il film di Natalia Garagiola irrita forse perché non riesce a creare il pathos che vorrebbe, forse perché non offre un'esprienza tale da giustificare un minutaggio di 110 minuti. Il film è pieno di dialoghi e sfuriate, destinate a incorniciare l'animo tormentato del giovane protagonista, e tenta di comunicare con gli esclusivi movimenti di camera la di lui evoluzione: basti pensare alla sovreccitata sequenza iniziale, la più interessante di tutto il film. Laddove però non si creano ambiguità estetiche, non possono crearsi neanche ambiguità tematiche, infatti sopravvive sempre e barbosamente la corrispondenza fra contenuto e forma, con cinepresa una volta sorretta in modo dinamicamente acefalo quando gli avvenimenti si fanno movimentati, una volta stretta sui volti (invero inespressivi) quando si vuole creare potenzialmente maggiore emozione. E' in questo schema dilettantesco che si muove Temporada de caza, fra festini adolescenziali a cavallo fra L'eau froide e Kids e scontri domestici ripetitivi e sconclusionati. Sovviene la domanda di quale sia il motore di tutta la pellicola, oltre quello schematicamente urlato per tutto il film. E il risultato, se si volesse generalizzare, è un reazionario biologico, per il quale il figlio finisce per trovare (per il bene del bildungsroman) l'affetto del padre biologico, nonostante l'ostacolo di un carattere rancoroso e al confine con l'isterico. Per i più teneri, infine, non mancano i primi turbamenti sentimentali del giovane ragazzo, appassionanti come una patata lessa.
Ridondante, inessenziale, amorfo in stile e in scelte di sceneggiatura, Temporada de caza non offre un momento interessante che sia uno, attento com'è a non smuoversi dalla mediocrità.
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