Regia di Tarek Boudali vedi scheda film
Commedia demenziale. Sceneggiatura incerta, molte gag di grana grossa. I due attori protagonisti, tuttavia, hanno una buona vis comica.
Yassine, giovane studente trasferitosi dal Marocco a Parigi, per studiare architettura, dopo una nottata di bagordi, non sente la sveglia la mattina dopo e arriva tardi a un esame fondamentale e di conseguenza perde il visto di soggiorno per studenti e corre il rischio di essere espulso dal paese. Il nostro protagonista, per poter restare oltralpe deve inventarsi qualcosa. Allora dopo aver saputo che il matrimonio con una persona del posto gli garantirebbe di default, l’autorizzazione a rimanere in territorio francese, prova in tutti i modi a trovare un donna disposta a convolare a nozze, ma dopo aver ricevuto tanti rifiuti, ha un’unica chance, cioè quella di inscenare un finto matrimonio gay con il suo migliore amico francese Fred. La cosa sembra funzionare, tuttavia ci mettono i bastoni tra le ruote la sua ignara fidanzata e un ispettore puntiglioso e pignolo, che, cerca di coglierlo in castagna, per smascherarne la falsa omosessualità. La commedia francese non sempre è garanzia di raffinatezza, Ci sono anche film come questo, commedia degli equivoci e gag a ripetizioni di dubbia qualità, pellicola demenziale e dozzinale, e però anche commerciale, adatta ad pubblico di bocca buona, che si accontenta. La coppia di protagonisti, e altri interpreti di contorno, reduci dai fasti di “Baby-sitting"propongono questo,” Sposami, stupido!” che segna l’esordio di Tarek Boudali anche come regista. I due hanno fatto la gavetta in spettacoli comici televisivi e teatrali, presentandosi in un sodalizio artistico noto come “La bande à Fifi”. Abitualmente, scelgono un soggetto appena appena potenzialmente interessante e lo sviluppano col minimo sforzo, in sceneggiature sgangherate e approssimative, costituite da un mix di scene e situazioni grottesche, puntando soprattutto sulla loro vis comica e mimica, per proporre un umorismo di grana grossa, politicamente scorretto, che ricorda quello dei fratelli Farrelly. Un mondo improbabile ed esilarante, in cui gli omosessuali si vestono ancora come i Village People, portano a spasso un cagnolino piccolo e sono provvisti della classica oggettistica fetish, persi in avventure surreali. La regia fa il verso in modo disdicevole, al mondo dei gay, all’immigrazione, alla disabilità, agli animali, rasentando la pochade, adopera a mani basse gag e battute, all’insegna della trasgressione più becera
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