Regia di Francesco Nuti vedi scheda film
Nuti è ancora piuttosto ispirato ed attraversa il suo consueto, ampio spettro di possibilità espressive (prevalente è quella della commedia, ma ci sono anche dramma, storia sentimentale, gag comiche, inserti psicanalitici...) per affrontare temi tutt'altro che leggeri. Il senso di colpa che è alla base del comportamento di Willy Signori rende il personaggio fondamentalmente buono, intriso di ingenuità, disponibilità, solidarietà: eppure a ben pensarci agisce solo per sè stesso, per liberarsi di un peso interiore, psicologico. Cosa che fa di lui un mostro agli occhi della giovane vedova, che però con il tempo si accorge dei reali buoni propositi da parte del giornalista e finisce per accettarlo nella sua vita. Allo stesso modo avviene un processo di 'sensibilizzazione' di Willy nei confronti del fratello paralitico (Haber, bravo come sempre), dapprima vezzeggiato o addirittura sottomesso, e infine 'liberato' dalle sue ansie (ancora una volta elementi di psicologia) con il grande passo del trasferimento nell'agognata terra africana. Di questo film rimangono molte battute ben riuscite (irresistibile il tormentone del cane carlino), una storia non facile e sviluppata con un certo candore e discreta ironia ed un (necessario?) trionfo dei buoni sentimenti nel finale.
Willy Signori, giornalista, in un incidente stradale uccide un uomo, incolpevolmente. La vedova è una ragazza incinta: Willy è divorato dai sensi di colpa e le concede soldi, tempo, energie pur di aiutarla a portare a termine la gravidanza; la ragazza di Willy, intanto, non la prende bene. E anche la giovane vedova, almeno all'inizio, è riluttante a farsi aiutare dal giornalista; con il tempo tutto si sistema.
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