Regia di Andrej Tarkovskij vedi scheda film
Penultimo film di Tarkovskij girato interamente in Italia
"Guardarlo come si guardano le stelle, o il mare, come si ammira un paesaggio. Non vi è alcuna logica matematica qui, perché non in grado di spiegare ciò che l'uomo è o qual è il significato della vita." (A. Tarkovskij, Scolpire il tempo)
Precisando subito che Tarkovskij è lontanissimo dal mondo della psicanalisi, partiamo da Freud.
Un punto che inevitabilmente li avvicina c’è, ed è la “logica del sogno”.
Non è un ossimoro, e neppure l’ostranenie” (straniamento) dei formalisti russi.
La logica del sogno comunica la realtà come qualcosa di "irreale" che ci colpisce, non meno della realtà stessa.
Non è il fallimento dell’intelletto e della sua logica, ma un’intelligenza diversa, all’interno della quale il sogno stesso va misurato.
Guardare il film come si guardano le stelle, in un nuovo concetto di tempo cinematograficofondato sulla non-distinzione di punti di vista interni e esterni, ogni scena produce il proprio tempo e il "sogno" realizza questo progetto servendosi delle sue coordinate in uno spazio intermedio fra astrattezza e concretezza.
Fine della geometria euclidea, la strada che Tarkovskij offre al suo spettatore è di stare dentro il film, diventarne parte, come nei sogni.
La " zona "di Stalker, gli "oceani cosmici" di Solaris, i ricordi (o sogni) di Nostalghia sono paesaggi mentali che danno forma ad una "dinamica dello stato d'animo."
In Nostalghia questa dinamica è scandita dall’acqua.
L’ acqua in Tarkovskij è dispositivo artistico che aiuta a trasformare la realtà in sogno, esprime il flusso del tempo, non tempo "tecnico" che sottolinea la trama di una storia, ma il tempo dei sogni.
“ Un regista, come uno scultore, da un grumo di tempo, da un gruppo solido, scolpisce fatti di vita" (A.Tarkovskij , Scolpire il tempo)
Proviamo a dimenticare il film, resterà l’acqua nel ricordo.
E la musica, Beethoven, Sinfonia n.9, primo movimento, che s’interrompe bruscamente in casa di Domenico, il pazzo, quando lui si accorge della presenza di Andrej. Riprenderà con l’attacco dell’Inno alla gioia nel sacrificio/rogo di Domenico a Roma, sulla statua del Marco Aurelio in Campidoglio, mentre Kumushki,traditional russian folk song, accompagna i momenti del ricordo della famiglia lasciata in Russia.
C’è infine il canto liturgico delle donne durante la processione della Madonna del Parto nella cripta della Chiesa, che riecheggia le sonorità dei riti ortodossi negli antichi monasteri russi chiusi dal regime.
Per il resto, rumore d’acqua che scroscia, pioggia, acqua che sgocciola dal soffitto, che martella contro il vetro delle due bottiglie che Domenico ha messo a terra per riempirle, che diventa neve nel ricordo in bianco e nero della dacia lontana, della famiglia, del cane e del cavallo, oggetti di un sogno/ricordo che dispone prospetticamente gli oggetti con la muta fissità di un quadro.
Infine acqua nella Chiesa che sprofonda e Andrej che entra affondando a metà gamba, acqua che esala vapori termali nella vasca in piazza a Bagno Vignoni, nel finale semivuota, all’inizio piena e abitata da quattro o cinque uomini e donne in uno scenario che sembrerebbe dantesco se il filtro del sogno non lo scardinasse dai parametri di riferimento logici.
Il contrasto con la sacralità del luogo ha la stranezza dei sogni dove tutto diventa altro pur restando sé stesso, e quelle persone immerse fino al collo parlano tra loro come farebbero al mercato non come anime in un lago infernale.
"Territori noti in cui anche la difficoltà a orientarsi, a distinguere il sopra dal sotto, fuori da dentro” sono quelli in cui si muovono i personaggi, non hanno nulla di "reale", pittoresco, idilliaco, sono immagini della natura o prodotti della Storia, non è il soggetto umano a dare loro significato, essi esistono per sé stessi.
Nella realtà sognata, o nel sogno reale, si muovono i due protagonisti intercambiabili, Domenico (Erland Josephson) e Andrej Gortchakov (OlegJankovskij).
Del primo si sa (ma come? è l’onniscienza dei sogni o le notizie fornite dalla traduttrice?) che ha tenuto relegata in casa la famiglia per sette anni temendo la fine del mondo. Infine l’hanno messo in manicomio.
“Il figlio più piccolo è uscito dalla porta come un topolino”, raccontano in paese, è un brevissimo flash di cronaca reale, poi la legge Basaglia l’ha buttato fuori e adesso vive nel casolare fatiscente pieno di strani oggetti, acqua che trasuda e Zoi, il vecchio cane pastore più matto del padrone, che va a sdraiarsi sotto l’acqua che gronda dal soffitto.
L’altro è Andrej, un malinconico poeta russo da due anni in Italia per ricerche su un compositore russo dimenticato del XVIII secolo.
Stanco, sofferente di cuore, vorrebbe tornare a casa, ma il passo si fa sempre più pesante e affranto.
Domenico e Andrej s’incontrano in questo paese fuori del tempo, sembra disabitato, case antiche di gente povera, edera e muffa, pietra e abbandono.
Domenico dà ad Andrej un mozzicone di candela, dovrà attraversare la vasca d’acqua calda della piazza, quella dove si bagnava Santa Caterina, tenendola accesa.
Lo specchio di un armadio rifletterà per un attimo il volto di Domenico sovrapposto a quello di Andrej, sono l’uno l’alter ego dell’altro, e di Domenico è la voce quando Andrej, in una sequenza onirica, vaga lungo una strada solitaria cosparsa di oggetti casalinghi. La pazzia che ha distrutto la sua famiglia è in quei cenci che giacciono a terra, come nei sogni, quando tutto cambia posto, sono reali ma non sono nel tempo e chi sogna non agisce.
Una traduttrice, Eugenia (Domiziana Giordano) segue Andrej per lavoro. E’ una donna dai tratti isterici, quelli che spesso si attribuiscono alle donne belle, single e irrisolte. Probabile fosse attratta dal poeta russo, probabile abbia capito che non c’è spazio per lei, ben presto, svolazzando fra veli e capelli lunghissimi e fulvi, lascia l’ albergo per tornare a Roma dopo una scenata del tutto inspiegabile a cui lui non reagisce se non con una straordinaria emottisi che lo costringe a stendersi supino nel corridoio.
Dopo un intermezzo romano di cui si vede solo lo skyline di cupole e palazzi, Andrej torna a Bagno Vignoni, Domenico compirà il suo destino dandosi fuoco dopo aver gridato la sua condanna contro tutto il marcio che vede intorno.
E’ l’anima politica del film, chiusa dall’invettiva:
“E non vi vergognate, voi sani, che sia un pazzo a dirvi queste cose?”
Andrej è ormai lontano, nella vasca semivuota che qualcuno sta pulendo svogliatamente, il tentativo di attraversare la fontana con la candela accesa dopo ripetuti fallimenti riesce, la fiammella resta accesa, l’umanità è salva, la violenza, la pazzia,l’inutile dissipazione delle forze migliori, il male, in una sola parola, forse sarà sconfitto, ma il respiro di Andrej è sempre più affannoso, fino a spegnersi.
La vita, iniziata dal ventre della Madonna portata in processione dalle fedeli, termina.
Restano i sogni e una poesia di Arsenij Tarkovskij, letta qualche scena prima da una voce esterna, mentre il libro di poesie bruciava sul muretto della vasca e le pagine si accartocciavano.
Andrej aveva chiesto ad Angela, la bambina apparsa in fondo alla navata della chiesa immersa nell’acqua:
Sei contenta della vita?
Morire in levità
Si oscura la vista,
la mia forza sono due occulti dardi adamantini,
si confonde l’udito per il tuono lontano della casa paterna che respira.
Dei duri muscoli i gangli s’infiacchiscono,
come bovi canuti all’aratura,
e non più quando è notte
alle mie spalle splendono due ali.
Nella festa,candela, mi sono consumato.
All’alba raccogliete la mia disciolta cera
e, lì, leggete chi piangere,
di cosa andar superbi
come, donando l’ultima porzione di letizia,
morire in levità
e al riparo di un tetto di fortuna,
accendersi postumi come una parola.
Arsenij Tarkovskij
Poema dell’esilio e dell’amore per la terra, la propria ma anche la terra di tutti gli uomini che l’abitano e la seminano di rovine, Nostalghia è forse il vero testamento spirituale di Tarkosvskij, un sublime canto di addio e di amore realizzato attraverso la voce che per lui era tutto: il cinema.
Dedicato a mia madre
Andrej Tarkovskij
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I luoghi del film
Un extra dedicato ai luoghi di Nostalghia, pur non aggiungendo nulla al film se non qualche notizia utile a chi voglia guardare dal vivo quello che gli occhi di Tarkovskij videro, può appagare la meraviglia che questo film così immersivo suscita in chi lo guarda..
E’ chiaro che molti luoghi sono frutto di quella ricostruzione fantastica che appartiene alla realtà del cinema, i riferimenti topografici sono pertanto aleatori anche se in alcuni riconosciamo luoghi reali del nostro Paese.
La prima è la cosiddetta chiesa “che sprofonda” a San Vittorino nei pressi di Cittaducale (RI). Sotto la chiesa c’è una sorgente naturale e dal pavimento esce acqua che, secondo la tradizione popolare, è miracolosa.
La seconda è l’ abbazia scoperchiata di San Galgano presso Siena, consacrata nel 1288.
www.paoladigiuseppe.it
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