Regia di Andrej Tarkovskij vedi scheda film
E' un film estremo, nel senso che Tarkovskij in esso porta all'estremo la rarefazione, la dilatazione del tempo e lo straniamento presente almeno in "Lo specchio" e "Stalker". Del secondo c'è anche l'ambientazione spoglia, con edifici diroccati invasi dall'acqua. Il problema è, scondo me, che il regista da me così amato qui si spinge un po' troppo oltre. Gli ostinati campi lunghi, i continui carrelli laterali, i lenti piani sequenza, i simbolismi ardui o addirittura indecifrabili fanno di questo film un'opera non del tutto riuscita. Se ad es. l'acqua che esce dal portone della chiesa è un rimando biblico con tutto il suo significato(Ezechiele 47), cosa significa invece attraversare la vasca vuota con la candela accesa? O che significato ha la storia di quel pazzo che si era asseragliato in casa con la sua famiglia?
Il tema sembra essere appunto la nostalgia per la madre Russia, non dello scrittore protagonista ma di Tarkovskij stesso, che all'epoca risiedeva in Italia col groppo alla gola. La nostalgia è diretta in particolare al luogo natio, al posto dove aveva trascorso l'infanzia, con i personaggi che l'avevano popolata. Le scene che si riferiscono al lontano passato - in un bianco e nero virato sul grigio - sono sicuramente le più riuscite del film. Si tratta di inquadrature fisse che sembrano quadri ben organizzati, oppure di spezzoni al rallentatore: si tratta comunque di immagini poetiche, con dentro un misterioso lirismo, che non hanno niente della pesantezza di altre sequenze del presente.
E' un film difficile, riservato agli estimatori del grande regista russo, che si riesce a guardare ma che costa una certa fatica.
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