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A Girl in the River: The Price of Forgiveness

Regia di Sharmeen Obaid-Chinoy vedi scheda film

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La recensione su A Girl in the River: The Price of Forgiveness

di port cros
8 stelle

La regista pachistana Sharmeen Obaid-Chinoy  realizza un documentario concepito e girato in maniera toccante ed efficace, sul dramma dei “delitti d’onore” nel suo Paese. Immergendoci nella cultura del Punjab, ci fa rivivere la frustrante vicenda in tempo reale insieme ed attraverso i suoi stessi protagonisti , che la condividono con partecipazione.

 Una storia vera che ci pare incredibile possa appartenere al nostro secolo, ma che invece è una triste attualità in molte parti del mondo, tra cui in maniera particolare il Pakistan: quella dei delitti cosiddetti d’onore, ai danni prinipalmente di donne che osano violare i codici morali e religiosi tradizionali, crimini ancora più orribili proprio perché concepiti ed attuati all’interno della cerchia familiare e per cui è incredibilmente arduo ottenere giustizia, a causa dei medesimi codici ancestrali, che ne proteggono gli autori.

 

 

 

Saba è una ragazza pakistana di Gujranwala, nel Punjab, a cui il padre e lo zio hanno sparato in faccia per poi gettarla in un fiume, per punirla di aver disonorato la famiglia fuggendo e sposandosi, senza il consenso del padre, con Qaiser, l’uomo da lei amato, senza accorgersi che il colpo l’aveva ferita di striscio a volto, per cii la ragazza era riuscita a riemergere dalle acque del fiume e a chiedere aiuto.

 

Il documentario di Sharmeen Obaid-Chinoy, un mediometraggio di 40 minuti premiato con l’Oscar nel 2016, ha il merito di immergerci nella vicenda , senza troppe spiegazioni o digressioni, ma lasciando parlare direttamente i suoi protagonisti : Saba, Qaiser, l’ispettore di polizia, l’avvocato, la madre e la sorella, la suocera e persino il padre, in prigione per il tentato omicidio.

 

scena

A Girl in the River: The Price of Forgiveness (2015): scena

 

Conosciamo Saba , all'inizio del film, come una ragazza sconvolta dalla tragedia che si è abbattuta su di lei, sfigurata in volto dal colpo che le ha attraversato la guancia, ma coraggiosamente determinata a continuare la sua vita col marito che si è scelta, ma soprattutto ad ottenere giustizia nei confronti di chi ha tentato di spezzare la sua esistenza. La ragazza è fiduciosa, anche perché attribuisce la sua salvezza all’intervento divino, in quanto i suoi aggressori per attirarla nella trappola hanno spergiurato sul Corano, per cui è certa che Allah li punirà per le loro azioni.

Il documentario ci fa ascoltare anche l’altra campana, dapprima intervistando la madre e la sorella di Saba, che difendono gli uomini della famiglia, presentando la stessa come vittima di questa situazione, sottolineando l'importanza fondamentale dell’onore nella società pakistana, per cui “quelli che prima ci rispettavano adesso ridono di noi”. Concetto che viene voi ribadito col massimo della fermezza dal padre, intervistato attraverso le sbarre della sua cella, che, per niente pentito, si dichiara convinto di aver agito correttamente per difendere l’onore della famiglia, in quanto “una goccia di piscio in un vaso di latte distrugge tutto”. Come ci spiega l’avvocato che assiste Saba, è difficile ottenere giustizia in questi casi, perché le norme sociali ancestrali, ma tuttora ben vive in quella società, tendono a cercare il compromesso a tutela della pace sociale più che la giustizia a tutela delle vittime e si appoggiano alla noma penale che permette ai parenti delle vittime (che in casi del genere sono anche i parenti dell’assassino) di perdonare gli imputati, bloccando la celebrazione del processo. E difatti vediamo la riunione degli anziani del quartiere spingere proprio in questa direzione, premendo affinché Saba (poiché in questo caso la vittima è sopravvissuta) perdoni il padre e lo zio, in nome della pace all’interno della comunità. A tale pressione è sottoposta la famiglia di Qaiser, che vive nello stesso quartiere, al punto che per Saba diventerà impossibile rifiutarsi. E così, sul finale, assisteremo alla spettacolo allucinante del padre che gira libero per le strade, affermando tronfio di aver ristabilito il rispetto della comunità nei confronti della famiglia e che le altre figlie hanno ricevuto diverse proposte di matrimonio, in quanto egli è considerato un “uomo rispettabile”.

 

 

scena

A Girl in the River: The Price of Forgiveness (2015): scena

 

La regista pachistana Sharmeen Obaid-Chinoy autrice anche di Saving Face, documentario che tratta di un altro orrendo aspetto della tragedia delle donne del suo Paese, quello degli attacchi con l’acido, realizza un documentario è stato concepito e girato in maniera toccante ed efficace. Immergendoci nella cultura del Punjab, facendoci rivivere la vicenda in tempo reale insieme ed attraverso i suoi stessi protagonisti , che la condividono con partecipazione, tiene gli spettatori incollati allo schermo, suscitando un alternarsi di solidarietà e pietas per la sfortunata protagonista e di incredulità e frustrazione per come evolvono gli eventi.

 

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