Regia di Miklós Jancsó vedi scheda film
la nascita a cui assistiamo a questo film televisivo prodotto dalla rai non è quella di attila dal grembo materno, bensì piuttosto quella del condottiero direttamente dalle asperità rocciose di una costa ai confini di un impero romano ormai in agonia. e quella viso migliore se non quello del compianto joszef madaras. i movimenti sinuosi e lenti di jancso in questo set naturale limitato e illimitato insieme che impongono agli attori movimenti attenti per non farsi letteralmente male, rendono il film strano e misterico come un rito esoterico. tutta la colonna sonora è contrappuntata dal suono financo fastidioso dei tamburi, solo coi quali attila riesce a prendere sonno. la formazione del condottiero impone che all'interno della stessa cerchia di fedelissimi si cerchino i probabili pericoli. pericolo che può essere rappresentato dal solo fatto che due amici d'infanzia di attila dissentano su determinati modi utilizzati dall'uomo barbaro che per raggiungere i suoi scopi, non ha scrupoli. la morte interviene fuori campo e attraverso simbolici passaggi di telecamera. importantissimi i visi scelti. dal protagonista che sembra una roccia scolpita dal vento, dalla sabbia e dalle acque impetuose del mare a quelle immobili di luigi diberti, adalberto maria merli e lo sconosciuto sergio enria nei panni di bleda, fratello di attila. interessante recupero archeologico da un passato lontanissimo, storico e televisivo.
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