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La genesi di Wonder Woman

Regia di Angela Robinson vedi scheda film

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La recensione su La genesi di Wonder Woman

di supadany
4 stelle

Torino Film Festival 35 – Festa Mobile.

Il film scritto e diretto da Angela Robinson, attiva quasi esclusivamente in territorio seriale (True blood, Le regole del delitto perfetto e The L world), potrebbe tranquillamente sottotitolarsi Wonder Woman, la macchina della verità e il triangolo (sessuale).

Al di là delle tematiche riguardanti la libertà dei costumi e la posizione sociale della donna, che rivestono ogni direttiva, Professor Marston & Wonder Woman cerca spasmodicamente di assemblare un dedalo di transizioni di diversa estrazione, nel più classico archetipo biografico che vuole spacciare un contenuto unendo testa, cuore e spirito.

Un cocktail che funziona solo a piccole sorsate e che si appesantisce nel corso dell’esposizione, arrivando in fondo disidratato e privo di fiato. 

Anni ’20 presso la Tufts University del Massachusetts. I coniugi William Moulton Marston (Luke Evans) ed Elizabeth Marston (Rebecca Hall) insegnano psicologia, proclamando teorie progressiste sulla sessualità femminile e, più in generale, sull’erotismo.

Quando la solare studentessa Olive Byrne (Bella Heathcote) diventa la loro assistente insinuandosi tra di loro più di quanto potessero credere, dovranno rimettersi in gioco per non rinunciare alle loro idee.

 

Rebecca Hall, Luke Evans, Bella Heathcote

Professor Marston & the Wonder Women (2017): Rebecca Hall, Luke Evans, Bella Heathcote

 

Cos’è la normalità? Chi può permettersi di giudicare il prossimo nella sua sfera privata, laddove non si può influenzare chi non ne sia direttamente coinvolto? Chi può decidere cosa sia giusto venga diffuso e cosa invece lede il decoro?

Queste tre domande – da sempre nell’occhio del ciclone, pur cambiando continuamente portata - sono alla base di una pellicola che tiene pedissequamente nel mirino le sue tesi sulla legittimazione della libertà sessuale e di espressione, annodando un filo che comprende continui ribaltamenti situazionali e quindi spazi consegnati alternativamente alla commedia e altri al dramma.

Proprio orientandosi principalmente sul versante leggero, con un condimento vagamente salace, la prima parte è la più snella e scaltra, innervata dall’entusiasmo delle prime volte e dalla passione, ovviamente senza spingersi troppo oltre, come poi il tema avrebbe potuto suggerire.

Tuttavia, dal momento in cui cominciano le grane, pur non conducendo esclusivamente sulla strada dell’infelicità, l’amalgama perde aderenza e l’andamento assume sempre più di frequente connotati stucchevoli.     

In pratica, l’accumulo non giova ed è proprio l’esposizione a pagarne le conseguenze più significative, lasciando brevi accenni piuttosto espliciti sulla possibilità di amare due persone contemporaneamente, su di una società che piazza troppe barriere, sulle scelte che hanno sempre un saldo da pagare. Un coacervo di missive, più o meno direttamente esposte, che ricorda anche come non si possa andare lontano solo con i buoni princìpi e come nemmeno il contrario possa essere una soluzione accettabile.

Insomma, si parla sempre di equilibri, aspetto su cui il film di Angela Robinson lascia alquanto a desiderare, abitato anche da un cast poco ispirato, tra un Luke Evans invecchiato, una Bella Heathcote dispersa nelle sue espressioni manichee e Rebecca Hall, che almeno negli ammiccamenti possiede maggiori intensità e varietà.

Una rimasticazione dispersiva, un modello antesignano sul tema della famiglia allargata, ma troppo morigerato e programmato a tavolino per poter andare oltre la soglia del minimo intrattenimento, comunque raggiunto per un pelo.

Chi troppo vuole nulla stringe.

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