Regia di Roberto Malenotti vedi scheda film
Pseudodocumentario sullo schiavismo della donna ancora prosperante fra Africa, Medio oriente e India nel 1963.
Nei primi anni Sessanta si sviluppò il genere cosiddetto del 'mondo movie', nome derivante dal titolo del capostipite della serie, Mondo cane, licenziato nel 1961 da Jacopetti-Proseri-Cavara; fra i numerosissimi a inserirsi nell'immediato sulla scia dello straordinario e imprevedibile successo della pellicola c'è anche il produttore Maleno Malenotti. E' a lui infatti che viene attribuita nei titoli di testa la 'realizzazione' di le schiave esistono ancora, mentre al figlio Roberto - regista al debutto, girerà qualche altro lavoro, principalmente per la tv, nei successivi decenni - spettano i crediti di regia per le sequenze ambientate in India e in medio oriente. E il resto del film? Materiale d'archivio, si presuppone, estrapolato in modo subdolo da documentari che parlavano in origine di tutt'altro. Il cuore di un mondo movie in fin dei conti rimane il commento: alla voce fuori campo è affidata la parte più importante dell'operazione, al di là delle immagini in scena; la prima preoccupazione di tale commento è quella di polemizzare, accentuare le bizzarrie, stigmatizzare, provocare e non è un problema - anzi, fa sempre comodo - se trapelano idee bigotte o peggio (meglio) ancora razziste. Per essere una coproduzione italo-francese è interessante inoltre notare come le prime bordate del film siano riservate agli inglesi, descritti come furbi e ipocriti inventori del colonialismo e primi a volerlo dismettere; gli unici collaboratori tecnici ricordati dai titoli sono quelli che hanno lavorato in postproduzione: il montatore Eraldo Da Roma e l'autore della colonna sonora Teo Usuelli. Di immagini scioccanti c'è poca roba, ancora il cinema italiano non osa troppo; più che altro c'è, con un termine gergale, fuffa. 2/10.
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