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Benedetta follia

Regia di Carlo Verdone vedi scheda film

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La recensione su Benedetta follia

di M Valdemar
2 stelle

 

locandina

Benedetta follia (2018): locandina

 


Ma quale follia.
Una coltre di mestizia e poverismo ammanta, semmai, l'ennesima sarabanda esistenzial-sentimental-familista verdoniana. Trita e ritrita. Una cacio e pepe fatta svogliatamente, con la pasta stracotta e ingredienti vecchi.
A nulla è servito – se non come personale vanto, o come l'estremo tentativo di chi è conscio della propria fine – dotarsi di una patina di “freschezza” nella scelta di pezzi rivenienti da Lo chiamavano Jeeg Robot (i co-sceneggiatori, l'attrice-spalla): non ci sono anni luce di mezzo bensì multiversi in piani spaziotemporali che mai incroceranno le proprie dimensioni.
Sin dall'assunto – la moglie che lo lascia il giorno dell'anniversario perché innamorata di un'altra – il copione, nel volersi evidentemente rendere specchio di paranoie e manie moderne (la caccia al nuovo amore viaggia su una app), s'affloscia sistematicamente, invece, nel consueto, misero guazzabuglio di soluzioni farsesche, gag stantie, immaginario di riporto, schem(atism)i flosci.
Un concentrato di derivatività che lascia allibiti: ma quanto triste e ridicola è la scena dello smartphone che la donna s'infila nelle di lei comode cavità genitali (con tanto di “vibrazione di piacere”, ovvio)? Roba vista in Machete, per dire …
Ma il resto non è da meno – i siparietti con eminenze e suorine; gli effetti dell'ecstasy assunta a insaputa; la tizia fissata con malanni e malattie; la veneta ubriacona e invadente –, poiché sdraiato su una costruzione di personaggi e narrazione inesistente, artefatta, e anzi a tratti molesta.
La svampita compagna-spalla, naturalmente problematica ma di gran cuore serve unicamente all'immancabile trastullo delle contrapposizioni (lei è giovanissima, disinibita, tamarra: Ilenia Pastorelli che si autoclona …): non porta da nessuna parte (che non si sia vista tipo milletrecentotre volte), men che meno a uno snodo thrilling-crime che definire patetico e fuori fase è una gentilezza gratuita.
Un'insipienza nella gestione delle (modeste) risorse a disposizione che è ormai cifra ricorrente, nella cinematografia di Verdone: elementi e didascalismi e manicheismi agitati per arrivare al compitino, alla soluzione facile facile, al twist sentimentale risolutivo, senza una seppur blanda riflessione che sia una, un sussulto anche momentaneo di dignità o anche solo levità.
Così, ci si deve accontentare dell'unica cosa che sembra diversa, ovvero la sequenza del sogno-balletto ideata e realizzata (lo certificano i titoli di coda, ma è deduzione banale) da un altro, quel Luca Tommassini noto negli ultimi anni per essere il responsabile delle esibizioni live a X Factor. Una sorta di videoclip che ricorda vagamente i lavori di Floria Sigismondi, kitsch e psichedelico.
Peccato duri pochi minuti, prima del ritorno alla tristissima normalità. Altro che follia.

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