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Ore 15:17 - Attacco al treno

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Ore 15:17 - Attacco al treno

di AlbertoBellini
8 stelle

locandina

Ore 15:17 - Attacco al treno (2018): locandina

 

“Nessuno dovrebbe andare al cinema se non crede agli eroi”, disse una volta John Wayne. D’altronde, come ha sostenuto Marco Revelli in un articolo di Repubblica, abbiamo tutti bisogno di eroi, perché gli eroi sono coloro che resistono all’infelicità e al male di cui l’umanità e la storia sono intrise. Ma chi sono veramente gli eroi? Clint Eastwood si è posto questa domanda per la terza volta consecutiva. Sulla soglia dei novanta, colui che un tempo fu lo straniero senza nome per Sergio Leone, sta vivendo i suoi recenti anni di vita interrogandosi sul concetto di eroismo, sul vero significato di tale sostantivo, e su chi possa realmente considerarsene un portavoce. Con American Sniper diede inizio ad una trilogia incentrata proprio su suddetti quesiti, proseguita con quel sublime capolavoro di Sully – un film capace di consolarmi –, e ultimata con The 15:17 to Paris, con cui ha raccontato un altro fatto di cronaca: l’attacco al treno Thalys del 21 agosto 2015, ove il venticinquenne Ayoub El Khazzani, armato con un fucile d’assalto, una pistola, una bottiglia di benzina e numerosi caricatori, venne bloccato e disarmato da tre civili statunitensi, soccorsi dall’aiuto di altri passeggeri. Tuttavia, Clint si limita a mostrare la tragedia sfiorata soltanto nei minuti finali del film (e con qualche flashback), concentrandosi invece a raccontare le vite dei tre americani Spencer Stone, Anthony Sadler e Alek Skarlatos, dall’infanzia all’arruolamento nelle forze armate. Una scelta audace e inaspettata, che ha fatto storcere il naso di molti spettatori rimasti delusi, i quali (tra l’altro) hanno accusato l’opera di essere pregna della ‘solita’ retorica e di un irritante patriottismo reazionario – come capita spesso con Clint e i suoi film.

 

La verità è che Clint ha una visione del mondo (che poi è lo specchio del suo cinema) singolare; da sempre simpatizzante del Partito Repubblicano, ha sostenuto Eisenhower e Nixon, e alle scorse elezioni presidenziali ha posto il suo completo appoggio a Trump – pur non condividendone in toto l’ideologia –, sebbene in diversi casi si sia schierato al fianco dei democratici. È un isolazionista, non si considera un conservatore ma piuttosto un progressista. Certamente nessuno possiede la perizia di raccontare l’America con la calma e il controllo con cui lo fa Clint; chi ne sta alla larga da un punto di vista politico, non può tuttavia rigettarne l’aspetto puramente umano, oltreché il coraggio di inscenare così limpidamente il proprio pensiero. The 15:17 to Paris ne è la prova, poiché al di là della riuscita effettiva, risulta incredibile come un cineasta con una simile carriera sulle spalle (stiamo pur sempre parlando del regista de Gli Spietati, Gran Torino e Million Dollar Baby, tanto per citarne tre) non abbia perso lo smalto, né l’amore e la voglia di narrare la propria nazione con l’ausilio della macchina da presa. Non è un film che vuol autocelebrarsi o celebrare gli USA come la sola ed unica grande potenza mondiale. Al contrario, tutto ciò che si vuol commemorare è l’uomo, in quanto essere vivente, e l’umanità. Da qui deriva l’intelligentissima ma peculiare scelta di aver utilizzato per i rispettivi ruoli i veri Stone, Sadler e Skarlatos, coloro che hanno vissuto la vicenda in prima persona (“A true story, the real heroes”). La regia e la scrittura, tanto giudicate negativamente, seguono il percorso dei protagonisti, adattandosi alle loro “esigenze”, risultando (volutamente) sconnesse ed informali – bellissime le scene con camera a mano in Italia. In parte, è anche un esercizio con cui il regista sembra divertirsi a cambiare ‘stile’: dal teen movie ad un on the road dall’estetica “da selfie”, giungendo ad un finale documentaristico, con il discorso di François Hollande recuperato direttamente dal repertorio. È senz’altro un film complesso, forse il più eterogeneo e personale di Clint, il cui messaggio è stato frainteso dai più.

 

Clint è sempre stato come un nonno per me; anche lui ha contribuito a plasmare quella che oggi è la mia persona. Ci sono cresciuto con lui, con i suoi film, con la sua ‘icona’. Fatico a spulciare tra la sua filmografia per trovare un lavoro che non sia degno del nome che si porta addietro. Forse l’amore nei suoi confronti mi impedisce di vedere come stanno realmente le cose, ma per quel che mi riguarda The 15:17 to Paris è un grande film. Sincero, imponente ma quieto, anche prezioso per coloro che desiderano fare cinema e per chi crede che si debba guardare al mondo con costante rabbia e indignazione. Perché, nonostante tutto, è necessario riporre sempre un po’ di fiducia nell’umanità. Perché là fuori non vagano solo mostri, ma anche eroi. E ognuno di noi può essere un eroe; anche solo per un giorno.

 

Alek Skarlatos, Spencer Stone, Anthony Sadler, Chris Norman, Patrick Braoudé

Ore 15:17 - Attacco al treno (2018): Alek Skarlatos, Spencer Stone, Anthony Sadler, Chris Norman, Patrick Braoudé

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