Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
È un film alimentare che è riuscito ad entrare nella cinquina degli Oscar per la miglior sceneggiatura. Erano i tempi in cui agli americani garbava tutto ciò che era italiano, specie per quanto riguarda i copioni (tra il 1962 e il 1972 abbiamo accumulato qualcosa come undici candidature per la miglior sceneggiatura, originale ed adattata, vincendo grazie a Pietro Germi ed Ennio Concini).
Figurarsi poi se al centro della scena c’era Marcello Mastroianni, sì monumento della recitazione ma anche prodotto d’esportazione (molti dei luoghi comuni sugli italiani eleganti e farfalloni vengono da qua). Monicelli, Age e Scarpelli avevano avuto una nomination con I compagni, bellissimo film che andò disastrosamente al botteghino, e allora ripiegarono (assieme a Suso Cecchi D’Amico, Tonino Guerra e Giorgio Salvioni) con questa storia su un pilota della NATO alla ricerca di emozioni forti per conquistare una donna. Ovviamente, il pilota è Mastroianni, vagamente compiaciuto nell’avere attorno uno stuolo internazionale di femmine da infarto (Virna Lisi, Michèle Mercier, Marisa Mell, Liana Orfei, Margaret Lee, Rosemarie Dexter, Beba Loncar, Moira Orfei).
Senza girarci troppo attorno, il film appartiene alla nobile categoria del cazzeggio cinematografico, è stato realizzato in un clima divertente ma non c’ha una reale idea di fondo, essendo soltanto un elegante film ad episodi camuffato, qua e là ripetitivo ma soprattutto vuoto. È la dimostrazione che in sei persone raramente si può cavare un film davvero riuscito. Certo, l’obiettivo era far soldi e quindi stiamo apposto, ma da autori del genere ci si deve aspettare qualcosa di più. Tant’è, ma si salva, ed è la vera chicca del film, il segmento che coinvolge Marco Ferreri nei panni di un geloso conte psicopatico: il banchetto in giardino è da antologia. Simpatici e molto pop i titoli di testa.
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