Regia di Tim Burton vedi scheda film
“Lo sa su quale dei miei film ho ottenuto il controllo totale? «Quarto potere». La produzione lo avrebbe bruciato! Ma nessuno è riuscito a toccare neanche un fotogramma. Ed?”
“Sì?”
“Per difendere l'immaginativa bisogna combattere. Perché spendere una vita a realizzare i sogni di qualcun altro?”
Hollywood, primi anni '50: Edward D. Wood jr. (Johnny Depp) è il volenteroso direttore di una modesta compagnia teatrale con l'ambizione di sfondare nel cinema nella multipla veste di attore, regista, sceneggiatore e produttore. Il fatto di non avere né il becco di un quattrino né un briciolo di talento non lo ferma affatto: circuendo uno di quei produttori di “film di tette” (i precursori di Russ Meyer in pieno maccartismo), Ed riesce a scrivere, interpretare e girare il suo bizzarro esordio “Glen or Glenda”, docudrama sul travestitismo dilettantesco e sgangherato, ma forte delle implicazioni semi-autobiografiche (Ed Wood ama segretamente travestirsi da donna dai tempi dell'infanzia), dell'interpretazione dell'ignara fidanzata Dolores Fuller (Sarah Jessica Parker) e del divo Bela Lugosi (Martin Landau).
Proprio l'ormai decrepito Lugosi, primo immortale Dracula del grande schermo negli anni '30 ma ormai dipendente da morfina e altri antidolorifici più blandi, dimenticato da tutti e senza più un soldo, diventa grande amico di Ed, che nutre per l'ex-divo ungherese e megalomane una sincera ammirazione e devozione. Grazie a questo rapporto e a improbabili promesse, Wood riesce a mettere in piedi i suoi stravaganti progetti con qualche sparuto finanziatore, con una troupe di scalcagnati e con interpreti pescati senza senso, fra vecchi wrestler, un amico queer (Bill Murray), il medium fasullo Criswell e squallidi personaggi televisivi.
La vita professionale e personale di Wood non arriva nemmeno ad essere una parabola: schiacciato dal suo velleitarismo, resterà nella memoria solo dopo la sua morte come il peggior regista di tutti i tempi…
Sceneggiato impeccabilmente da Alexander e Karaszewski, “Ed Wood” fu un insuccesso commerciale quasi degno del suo protagonista, andando a guadagnare appena un terzo del suo costo. La circostanza, un tantino inusuale per un Tim Burton allora nel pieno della carriera e della creatività, non deve indurre in errore: è un film coraggioso (già a partire dalla scelta del bianco e nero e del recupero di alcune tecniche desuete dal sapore anni '50), lineare ed equilibrato, che riesce ad evitare sia di celebrare Wood, sia di ridicolizzarlo ulteriormente, dando inoltre nuova notorietà alla sua vicenda. Certo, giova all'intrattenimento l'omissione di alcuni dettagli biografici, anche quelli poco edificanti o marginali, ma l'operazione ha nel complesso i giusti intenti e mantiene una serenità, corroborata dall'inguaribile e insensato ottimismo di Wood, che rende il biopic una commedia deliziosa con pochissime punte di amaro.
Davvero ottime le interpretazioni, frutto di una preparazione quasi maniacale, in special modo di Johnny Depp, il quale, nei ruoli adatti e ben diretto, è un portento, versatile, che fa benissimo il suo dovere senza strafare; a dire il vero Landau, pur nell'armonia creata da due prove straordinariamente sinergiche, va più volte vicino a rubargli la scena col suo accigliato e malato Bela Lugosi, disperato al punto di svendersi ma sincero nel ringraziare di continuo Wood per l'aiuto umano fornitogli. Ben riusciti anche i personaggi di contorno, anche se i bravi Bill Murray e Patricia Arquette non spiccano per via dei loro ruoli marginali, quantomeno in termini di minuti.
La colonna sonora, non curata dal consueto collaboratore di Burton, ovvero Danny Elfman, bensì dal canadese Howard Shore, “feticcio sonoro” di Cronenberg, è delicata e ben calibrata, inserendosi bene negli spazi lasciati dal verboso Ed Wood.
Raramente ricordato persino dai fan sfegatati di Tim Burton, forse per la sua atipicità, “Ed Wood” è in realtà uno dei risultati più eccelsi del regista californiano: a ben pensarci, quando ricapiterà di vivere la storia di uno sconclusionato regista innamorato dei golfini d'angora e di un vecchio, commovente, ridicolo mito morfinomane? Recuperate pure “Plan 9 from outer space”, anzi!
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