Regia di Tim Burton vedi scheda film
Il talento di un regista virtuoso esplode sempre nella sua opera più sperimentale e personale che però viene spesso sovrastata dalle realizzazioni più a buon mercato accessibili alla massa, ne è un esempio lampante questa autentica gemma nata dal genio di Tim Burton: snobbato alla sua uscita tanto da essere il suo primo insuccesso al botteghino “Ed Wood” è invece un film stupendo sotto tutti i punti di vista ed anni luce superiore ad opere come “Batman”, di cui Burton fu autore su commissione, destinate ad incassare milioni ancor prima di essere proiettate ma che con il passare degli anni scoloriscono per la loro banalità ed assenza di trovate innovative proiettate nel futuro e non unicamente capaci di stupire nel presente, oggi infatti l’avventura dell’uomo pipistrello sembra superata per come appare alla prima occhiata e anche perché il soggetto rimasticato da Nolan nei suoi film lo fa apparire ridicolo tanto e come il Batman di Adam West sembrava obsoleto quando uscì la versione di Tim Burton, “Ed Wood” è invece un film che non ha predecessori e non avrà successori ed acquista valore ogni secondo che passa perché è uno di quei pochi film come “Arancia Meccanica” che non assomiglia a nessun altro, non è ascrivibile ad un genere ben preciso ma riesce al suo interno a far convivere in perfetto equilibrio diversi umori ed argomenti saltando da un genere all’altro con impressionante fluidità e spesso ribaltando l’umore in una stessa sequenza con spiazzante rapidità.
La matrice del racconto è la sgangherata carriera di cineasta vissuta da Edward D. Wood jr negli anni cinquanta ma il film non è una biografia filmata, o almeno non lo è nel senso stretto del termine, è più un omaggio alla figura di Ed Wood che vive in maniera assolutamente personale nella prova impagabile di Johnny Depp capace di trascinarci nel suo mondo fatto di sogni a bassissimo costo realizzati con assoluta incapacità ed innocente ostinazione per sottolineare una volta di più che nella vita sono ben pochi ad agguantare un oscar ma la passione profusa solo per sperare di raggiungerlo è sufficiente a farci vivere meglio, è questo aspetto che rende il personaggio di Ed Wood così commovente e umano, nonostante non avesse mai un soldo era ricco di ottimismo e non si perdeva mai d’animo anche dovendo affrontare situazioni in apparenza irrisolvibili.
L’apertura in perfetto stile B movie con il bianco e nero scelto per la fotografia è fondamentale per farci ritornare nella Hollywood di metà novecento e permettere a Burton di agganciare le sequenze che raccontano le gesta da regista approssimativo Ed Wood con quelle della sua vita privata in un unico continuum temporale dove la finzione e la realtà si fondono creando un effetto singolarissimo che sprigiona un’alternanza di umori concatenati sul centro motore del film da individuare nel rapporto commovente fra il “talento” in erba Ed Wood ed il veterano decadente Bela Lugosi ormai ultra settantenne e intossicato dalla morfina al quale non è rimasto che il mito di se stesso da sbandierare con orgoglio e rassegnazione nei confronti di quel carrozzone cartonato sul quale non gli è permesso più di salire per sopraggiunta obsolescenza, Landau è splendido nei panni di Lugosi sbiancato in viso oltre misura per intonare la sua immagine con le sfumature in bianco e nero, la chimica con Depp è stupefacente tanto che quando sono inquadrati insieme si rimane ammaliati per come il meccanismo del film raggiunga vette inimmaginabili: l’emozione del primo incontro fra i due con Lugosi che sembra riesumare Dracula dentro un bara mentre in realtà fa le prove per andare sotto terra, la risata esplode fragorosa la notte di Halloween quando chi dovrebbe divertire i bambini li spaventa a causa di una incontrollabile deformazione professionale, la richiesta di soccorso del vecchio attore che viene raggiunto dal suo giovane amico in casa propria quando è intento ad armeggiare con un revolver avvinto da una vena di follia suicida è una sequenza incredibile in cui nell’arco di pochi istanti lo spettatore passa dalla paura al sorriso alla commozione legata al dramma di Lugosi ridotto ad un relitto umano a cui lo stato non passa più un soldo mentre l’ottimismo di Ed Wood gli si contrappone senza cedimenti per rincuorarlo una volta di più, la commozione pura sprigionata dalle dolcissime menzogne di Ed Wood consegnate al suo anziano amico sprofondato in un letto di ospedale che non può neppure permettersi dopo che Burton ci ha deliziato con un’altra sequenza da antologia in cui le cadenze da film horror classico navigano su un elegante carrello chiuso sulle urla terrificanti di Lugosi causate dall’astinenza, l’ultima immagine di Lugosi in una pellicola è dissezionata da Burton con successo riuscendo ad andare oltre l’immagine statica dell’attore che passeggia di fronte a casa propria creando un contorno ed una motivazione all’agire di Ed Wood per cui il malandato amico resterà per sempre quel mito che lo ha fatto innamorare del cinema, quando Eddie rimasto solo rivede la ripresa in una piccola sala di proiezione l’espressività di Depp riesce a comunicarci senza battute la sensazione di vuoto che lascia un amico caro che non c’è più.
Intorno a questa amicizia così profonda, in cui Burton ha riversato molto del suo rapporto con l’attore Vincent Price, si sviluppa la parabola di bassissima ampiezza che fu la carriera di Ed Wood circondato da una cricca di attori e collaboratori scalcagnati come e più di lui raccolti ovunque e spesso inappropriati come il direttore della fotografia daltonico che concede l’ennesimo spunto esilarante in un film capace di far esplodere la risata dietro un angolo buio di terrore e vice versa, le tappe del percorso sono scandite come per la biografilmica del grande Chaplin ma con risultati gigantescamente superiori , dalla realizzazione delle sue pellicole e le relazioni con le donne della sua vita.
“Glenn or Glenda” o “I’ve changed my sex” fu il suo primo film ma anche quello più personale ed avanguardistico per quanto brutto possa apparire con gli inserimenti assolutamente incongrui di Lugosi professore censore sovrapposto alla sequenza di bufali imbizzarriti riciclata dallo scarto di chi sa quale western e posti all’interno di una trama strampalata in cui si sviluppa l’analisi sul desiderio e la possibilità di cambiare sesso o semplicemente di apparire donna pur essendo uomo con la pratica del travestitismo di cui Ed Wood anche se eterosessuale era un cultore dichiarato, il suo look in gonna nera, bionda parrucca e golfino di angora è il simbolo di questa fase della sua carriera dove si delinea nella storia un aspetto fondamentale per comprendere che la bruttezza di un film non dipende solo dallo scarso talento di chi ci lavora ma ancor più dalla mancanza di fondi per realizzarlo, sarà questo l’elemento costante delle realizzazioni di Ed Wood che Burton ribalta ancora una volta in chiave comica costruendo ad arte una serie di scene memorabili come il furto della piovra di gomma per il suo secondo film “Bride of the monster”, più omogeneo perché incentrato sul tema del professore pazzo ma ancora una volta massacrato dalla mancanza di tempo e denaro oltre che dalla filosofia di Eddie che anche se nel primo ciak ha immagazzinato un attore che urta la scenografia di cartone facendola tremare esalta la genuinità della messa in scena e grida convinto alla troupe “Cut and print!”, proprio la sequenza del furto della piovra di gomma con l’irruzione furtiva nello stand dove è custodita è un’altra sequenza emblematica che sembra uscita da un film anni cinquanta con il suo incedere pauroso ed esilarante condito da musica tipica del genere, quella successiva non gli è da meno con Lugosi che si piega all’arte di arrangiarsi di Eddie facendosi sbranare dalla piovra di gomma immersa in una pozza d’acqua gelida alla quale deve muovere lui stesso i tentacoli perché nessuno ha pensato di prelevare il motore che deve azionarla ma come sempre Ed Wood ha risolto l’imprevisto valorizzando le capacità della sua star.
La faticosa conclusione di questo secondo “capolavoro” segna una svolta nella carriera di Wood che da autentico cineasta riunisce tutti i sui collaboratori nel magazzino di vitelli macellati del suo ultimo finanziatore per festeggiare l’evento, tutti son presenti e c’è chi vocifera che per quanto bello possa essere “Bride of the monster “ non sarà mai come “Glenn or Glenda” , l’allegra brigata si entusiasma quando Eddie si esibisce in un ballo da odalisca in golfino di angora esaltando la mostruosità delle sue creazioni in celluloide e dei suoi seguaci imbranati ai margini della fabbrica dei sogni, in questo clima orrendamente grottesco la sua compagna di vita Dolores Fuller prende la decisione di lasciarlo perché bisognosa di una normale quotidianità in cui non debba spendere il suo tempo facendo cagate in serie che si materializzano sulle bobine di Eddie bollate da lei stessa come terribili.
L’abbandono di Dolores non demoralizza Eddie che tuttavia cerca una alternativa in Vampira, star della televisione in cui intravede anche un potenziale personaggio da lanciare nel suo nuovo progetto ma il grande amore lo incontra nella sala di aspetto dell’ospedale in cui Bela è ricoverato e sboccia con un tocco di tenebroso romanticismo su un paio di calzini di lana rigorosamente neri che Kathy ha fatto a maglia per il grande attore dopo che Eddie in seguito a ripetute chiacchierate con la ragazza l’ha colpita con la sua simpatia e i racconti sulle gesta di uomo di cinema a 360° che solo il grande Orson Wells di cui è un indiscusso ammiratore può eguagliare, Burton non perde l’occasione per creare ancora una volta tenerezza dove meno te lo aspetti conducendo i due innamorati non nel tunnel dell’amore ma nella casa degli orrori dove Ed si dichiara nel modo più divertente mai sentito partendo da ciò che potrebbe causare un intoppo nella relazione che sta nascendo sulla giostra di un luna park.
La nuova fiamma di Eddie non è però sinonimo di nuova linfa per le sue produzioni ma proprio dallo zelante padrone di casa bigotto e credulone il nostro eroe trova un cospicuo finanziamento per quello che sarà il suo film più famoso e malfamato intitolato “Plan 9 from outer space” dove mescola horror e fantascienza sviluppando le idee più strampalate di sempre che Burton cristallizza descrivendo con puntualissima precisione tutte le fasi della produzione di quello che passerà alla storia come il peggior film mai fatto; dal casting in cui spicca il dottore di Kathy novello principe delle tenebre con il mantello calato sul viso alle riprese supervisionate dai finanziatori sbigottiti dalle pessime interpretazioni e dalla comicità involontaria sprigionata per passare poi agli effetti speciali a base di dischi volanti ricavati dai contenitori delle torte che oscillano appesi a fili neanche troppo invisibili su una Hollywood di cartapesta il tutto inframezzato dal momento più caldo della pellicola quando Eddie in contrasto con i finanziatori fugge travestito nel suo golfino di angora ad affogarsi in un bicchiere di whisky ed incontra finalmente il suo idolo Orson Wells incarnato da un somigliantissimo Vincent d’Onofrio, la sequenza entra di diritto nella storia del cinema per diversi motivi: in primo luogo è l’ennesimo inserto fantasioso di cui non si ha nessuna fonte attendibile a dimostrazione che questo film non si può considerare una biografia ma se mi concedete la licenza una biograficallegoria, è l’occasione unica per mettere a confronto due realtà opposte che sono le facce di una stessa moneta e per la precisione quella da dieci cents perché se è vero che Wells si può considerare il genio indiscusso di quella generazione di registi americani Ed Wood è invece l’ultimo della lista per la sua conclamata incapacità ma le difficoltà di entrambi nel trovare i fondi per realizzare le proprie visioni è un problema che li mette sullo stesso piano e che dimostra una volta ancora che la differenza fra una pessima idea ed una brillante può essere determinata dal numero di zeri posto dietro la cifra che serve per realizzarla, inoltre tutti e due hanno difficoltà a concepire i loro progetti senza che chi ci ha messo i soldi non abbia qualche cosa da obiettare e modificare, non si può quindi tralasciare la frase che Wells consegna su un piatto d’argento ad Ed Wood rivitalizzando in lui l’entusiasmo che lo conduce a ritornare al timone e portare a destinazione il suo bastimento di emozioni a buon mercato “Per difendere l’immaginazione bisogna combattere, perché spendere una vita per realizzare i sogni di qualcun altro”.
La prima di “Plan 9 from outer space” con la folla in delirio è l’ultimo tocco surreale prima dell’ultima scena romanticamente ribaltata seguita dalle didascalie che descrivono il destino nella vita dei personaggi a cui lo strepitoso cast perfettamente selezionato da Burton ha dato vita.
Aveva ragione Ed Wood, questo film è la prova di quello che afferma per bocca di Depp alla prima di “Plan 9 from outer space”: "E' il film per cui verrò ricordato", magari non per le ragioni che si auspicava ma la sua previsione è innegabilmente esatta, soprattutto oggi che viene visto come un regista di culto e non soltanto come il peggiore di tutti i tempi.
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