Regia di Samuel Benchetrit vedi scheda film
TOHORROR FILM FEST 2018
La mitezza senza speranza che fornisce a tutti gli altri ogni pretesto per approfittarsene.
Al mitissimo Jacques la bellissima consorte comunica che ella soffre di una sorta di allergia provocata dal marito, per il solo fatto di starle accanto. Per questo lo invita gentilmente a lasciare l'abitazione di famiglia, una bella villa che il coniuge sta pagando con un mutuo a suo carico, per trasferirsi in un Ibis anonimo e qualunque. Decide di prendersi un cane come compagno, ma anche questa idea non risulterà affatto buona, né duratura, permettendogli di venire in contatto altresì con uno spregevole gestore di un canile che finirà per divenire anche il suo padrone di lavoro e di vita, quando anche il suo precedente capo gli comunicherà il licenziamento.
A Jacques infatti non resterà che ripiegarsi su se stesso, divenendo quel cane ubbidiente e benevolo che ama il suo padrone ancora di più quando questi lo maltratta e lo prevarica con la sua inflessibile autorità.
Parabola tragicomica e nera di vita, emblematica e sin poco paradossale, se vogliamo, che nulla ha a che vedere - a mio giudizio - con ogni eventuale allusione alla violenza sugli animali, o alla salvifica presenza del cane/animale domestico per la salvaguardia di un equilibrio personale distrutto dall'egoismo di una società fagocitante, il film sferzante di umorismo cupissimo e a tratti volutamente fastidioso, tende precipuamente ad analizzare l'esistenza umana degli oppressi e degli onesti che non possono che piegarsi e ridursi al rango di bestie obbedienti e remissive che si compiacciono anche solo di un calcio ricevuto da chi li domina e ne detiene le redini.
Una resa di vita che rende il personaggio di Jacques formidabile, oltre che inquietante, grazie anche alla splendida performance di un attore sempre ottimo, ma qui superlativo, come Vincent Macaigne.
Lo affianca il solito, debordante ed inquietante Bouli Lanners, alla prova con l'ennesimo personaggio laido e mostruoso di una carriera davvero fuori da ogni schema prestabilito (chi mai potrà scordarlo in Kill me please, o in Louise Michel?).
In regia la conferma di quanto sia centrata l'ispirazione di un cineasta come Samuel Benchetrit, che riesce a virare dalla commedia bizzarra intelligente e sofisticata de Il condominio dei cuori infranti, al nero/nerissimo satirico oltre il fosco che calca la mano quasi quanto il Monicelli irraggiungibile de "Un borghese piccolo piccolo".
Si ride, a denti stretti, ma si soffre anche un po' nel ritrovarci stampato addosso, di fronte a tutta questa comica brutale quotidianità, il sorriso dimesso che comunica un dolore senza fine, del nostro obbediente e sacrificale "masochista", più che protagonista, in grado di accettare di buon grado un proprio ruolo svilente, disumano, ma definito, dopo troppo tempo di abbandono e deriva.
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