Regia di Gianfranco Piccioli vedi scheda film
Un giovane fotografo idealista crede di poter denunciare i misfatti della società con il suo lavoro; un amico, direttore di una rivista, gli fa credere di poterlo aiutare, ma lo sta illudendo. Il ragazzo entra in profonda crisi, esistenziale, professionale e con la fidanzata incinta.
Le ultime ore di una vergine, film nel quale non compare nessuna vergine, è una pellicola bizzarra nell'accezione meno positiva del termine. Distribuito anche con il titolo più significativo (per quanto non eccessivamente esplicativo) di Un doppio a metà, rappresenta l'esordio registico per Gianfranco Piccioli, talmente dotato dietro la macchina da presa da firmare tre opere in quattro anni per poi decidere, saggiamente aggiungeremo noi, di appendere le velleità in questo campo al chiodo. E passare alla carriera produttiva, nella quale peraltro troverà la giusta strada (sarà a lungo, fra le altre cose, il produttore di Francesco Nuti). Le ultime ore di una vergine è un dramma psicologico nel quale la profondità dei personaggi risulta costantemente scarsina, un lavoro di denuncia in stile sessantottino che arriva con quattro anni di ritardo e si vede bene; un film con un protagonista appena appena celebre in quel momento (Massimo Farinelli) che, per un motivo o per l'altro, deciderà di chiudere qui la sua esperienza professionale da attore. Il resto del nucleo centrale del cast è composto da Sydne Rome, poco più che ventenne ma che già dimostra il doppio della sua età, e Don Backy, che in quel periodo compariva sul grande schermo preferendo in maniera decisa la quantità alla qualità. Nel complesso il film sembra voler dire sempre qualcosina di più, ma si ferma a un'apparenza piuttosto banale e priva di messaggi espliciti, decisi. Soggetto e sceneggiatura del regista e di Rita Sala. 2,5/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta