Regia di Francesco Miccichè vedi scheda film
Ricostruzione degli ultimi giorni di vita del giudice Paolo Borsellino, trucidato in un attentato mafioso a neppure due mesi di distanza dall'analoga fine del collega Giovanni Falcone.
Fiction con corposi innesti di materiale d'archivio e interviste girate ad hoc, Paolo Borsellino - Adesso tocca a me è un doveroso tributo a una delle vittime della mafia più eclatanti nel venticinquesimo anniversario dalla sua tragica scomparsa; doveroso non significa però assolutamente necessario, se si considera quanti lavori sono già stati ispirati dal medesimo personaggio, quasi tutti peraltro messi in scena per il piccolo schermo: a partire dall'omonimo Paolo Borsellino (2004) di Gianluca Maria Tavarelli fino ad arrivare a Vi perdono ma inginocchiatevi (2012) diretto da Claudio Bonivento e che prende il titolo da una frase pronunciata ai funerali di Falcone dalla vedova di un uomo della scorta del giudice, morto insieme a lui. Ecco, quelle stesse immagini compaiono anche in Adesso tocca a me, oltre a numerose interviste a Borsellino e immagini di repertorio: valeva quindi la pena riproporre di nuovo le stesse cose già viste mille volte, in primis naturalmente la parte del film sotto forma di fiction, che drammatizza all'eccesso e semplifica la storia per renderla più emotivamente apprezzabile al grande pubblico della tv? La risposta è ovviamente sì: ben vengano sempre opere di questo stampo, peraltro ben realizzate considerando i modesti standard della televisione contemporanea; il fatto che dietro la macchina da presa ci sia Francesco Miccichè, figlio del noto critico cinematografico Lino, non desta quindi sorpresa, conoscendone le competenze nell'ambito del piccolo schermo. Se l'andamento piatto della narrazione può far storcere il naso, le note positive vengono - oltre che dagli inserimenti di materiale documentario, soluzione comunque inconsueta - dai buoni risultati ottenuti dagli interpreti, fra i quali vanno citati Cesare Bocci, Ninni Bruschetta, Anna Ammirati e Giulio Maria Corso. Sceneggiatura del regista, di Sandrone Dazieri e di Giovanni Filippetto. Didascalia di chiusura che cita le celebri parole "Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola", che Borsellino mutuò dallo spaghetti western Il ritorno di Ringo (Duccio Tessari, 1965; qualcosa di abbastanza simile compare nel Giulio Cesare di Shakespeare). 4/10.
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