Regia di Peter Bogdanovich vedi scheda film
Inizi anni '50. Sta chiudendo l'ultimo cinema ad Anarene, paesino immaginario del Texas, due file di costruzioni attorno a un unica strada e poi sabbia a perdita d'occhio.
Chiude proiettando Il fiume rosso di Hawks, non ci sono più spettatori perchè i giovani sono stati chiamati alla guerra di Corea, quelli che sono rimasti non vanno più al cinema perchè preferiscono la televisione o feste scollacciate sul filo della trasgressione e inoltre Sam, il proprietario/ proiezionista ha pensato bene di passare a migliore vita.
Anarene è il classico nido di vipere in cui un gruppo di giovani sta cercando il proprio perchè nel futuro( e la guerra non aiuta di certo) mentre i più anziani hanno l'aria di chi è stato sorpassato troppo in fretta da un nuovo che in realtà non sta avanzando.
Il gap generazionale tra i "vecchi" e i "giovani" di questo paesino texano è il simbolo di una nazione che sta cercando di rinnovarsi senza neanche confrontarsi con le sue labili radici.
Amicizie rinnegate, storiacce da rotocalco di bassa lega, la televisione sta fagocitando le coscienze. Non c'è più spazio per il cinema Royal ma c'è spazio per la nostalgia che è il filo conduttore di molto cinema di Bogdanovich.
In questo senso la scelta degli attori è emblematica: accanto a un favoloso gruppo di giovani di bellissime speranze( non sempre ripagate) come Jeff Bridges, Timothy Bottoms o la splendida ( in tutti i sensi) Cybill Shepherd qui al suo esordio, Bogdanovich pone alcuni volti della vecchia Hollywood,numi tutelari come Ben Johnson e Cloris Leachman(entrambi bravissimi e premiati con l'Oscar,che a mio modesto parere testimionia la refrattarietà dell'Academy a premiare i "nuovi" volti) .
L'ultimo spettacolo non parla solo di nostalgia della Vecchia America ma spende le sue immagini soprattutto sulla nostalgia della vecchia Hollywood non a caso omaggiata da un bianco e nero ,simbolo della purezza del cinema hollywoodiano che fu( consigliato a Bogdanovich da Orson Welles).
L'ultimo spettacolo è un film corale che gravita attorno alla storia di amicizia tra Sonny e Duane: una storia di crescita comune, di amori rubati ma di fratellanza che ritorna appena prima della separazione.
Lo sguardo di Bogdanovich è disilluso in un film su cui Tornatore sembra aver ricalcato il suo Nuovo Cinema Paradiso.
L'affresco generazionale che viene fornito allo spettatore è però ben poco rassicurante: da chi cerca il matrimonio solo come status symbol per non essere bollata come è successo alla madre (e in mezzo a questo uno squallido incontro di sesso con il suo amante ), a chi trova rifugio nelle braccia dell'ex moglie del coach che sta cercando solo di sentirsi viva in qualche maniera, per non parlare di tutti i giovani che sono fuggiti da Anarene , il quadro è a tinte fosche.
L'America anni '50 è un campo di battaglia metaforico e reale, una nazione che sta cercando il progresso rinnegando troppo presto il passato e sacrificando troppe giovani vite in una guerra lontana varie migliaia di miglia.
La quotidianità di Anarene è portata su schermo in modo estremamente limpido ma anche con quell'aria di casualità che la rende più reale del vero, ma è un qualcosa che ferisce e fa riflettere.
Impossibile avere nostalgia di una nazione che sembra voglia sentirsi viva solo impegnandosi in guerre non volute( quella di Corea ma si può leggere tranquillamente Vietnam tra quelle righe, il film è del 1971) mentre è possibile sentire la mancanza dei miti cinematografici che hanno "guidato" le adolescenze di molti diventati adulti negli anni '70.
A suo modo L'ultimo spettacolo è il film che apre all'inquietudine che caratterizzerà molto cinema a venire di quel decennio.
regia molto classica attenta ad omaggiare la vecchia Hollywood
prova eccellente
straordinario
una vera e propria visione
prova di grande spessore giustamente premiata con l'Oscar.
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