Regia di Eric Rohmer vedi scheda film
ERIC ROHMER – COMEDIES ET PROVERBES nr.4 -. “Chi ha due donne perde l’anima; chi ha due case perde il senno”
La coppia che affronta le differenti caratterialità che caratterizzano ognuno di essi: Louise è una vivace ed un po’ eccentrica arredatrice che ama le feste , l’indipendenza e vivere da sola; Remy invece, il suo compagno, tutto l’opposto: ama la vita di coppia, evita la mondanità e le feste, e pretende il coinvolgimento di entrambi in ogni interesse od iniziativa.
La circostanza favorisce lunghe discussioni e polemiche tra i due, che tuttavia si amano e riescono a restare assieme.
Ma Louise intende riappropriarsi e vivere parte della settimana nel suo grazioso appartamento parigino che da qualche tempo è sfitto, mentre Remy la vorrebbe sempre presso di lui, appesantendola con viaggi quotidiani da pendolare tra Parigi e marne la Vallée.
Ad incitare Louise verso questa scelta non ancora ufficialmente condivisa col suo uomo, c’è lo scrittore Octave, che è decisamente infatuato della ragazza e vede di buon occhio questa sua decisione di trasferirsi parte della settimana nella capitale, distante dal fidanzato.
La situazione precipita quando Louise litiga con Octave, scoprendo di essere molto più sola di quanto non potesse immaginare, e quando l’impassibile Remy, reso libero dalla decisione scandalosa di Louise di incontrarlo solo nei week end, finisce per innamorarsi di un’altra donna.
Ecco quindi che la vita di Louise si trasforma da quella della donna con due case e due amanti, in quella di una single che vive nel suo pied-à-terre e cerca di trovare una sua dimensione ideale, ridimensionata dalla realtà che l’ha resa più sola ed insicura.
Con l’argutezza e la raffinatezza dei dialoghi brillanti che da sempre caratterizzano il suo cinema, Rohmer dà vita ad una nuova schermaglia amorosa che vede la donna al centro di una scacchiera ove l’amore determina e condiziona ogni altra scelta o soluzione di vita.
Pascale Ogier, figlia dell’attrice Bulle Ogier e di Barbet Schroeder, premiata a settembre 1984 con la Coppa Volpi al Festival di Venezia come miglior attrice, muore solo pochi giorni dopo la cerimonia, stroncata da un infarto a soli 26 anni.
Il suo personaggio, che porta nello stile, nei vestiti, negli atteggiamenti (anche il modo ciondolante di ballare) tutta l’esuberanza tipica degli anni ’80, è forte e fragile nello stesso tempo, e la sua si rivela una interpretazione fantastica, che si tinge di struggente commozione se ci si fa influenzare dal triste destino che ha contraddistinto la sfortunata interprete.
La affiancano validamente due attori molto celebri e molto antitetici, non solo fisicamente: il muscolare e tenebroso Tchéky Karyo e il caratteriale e mingherlino Fabrice Luchini, simpaticamente isterico come nei personaggi futuri che ne sanciranno la fama internazionale di interprete sfaccettato e spesso istrionico, nervoso e tutto scatti e mosse repentine che lo renderanno esemplare, forse un po’ caricaturale, ma comunque irresistibilmente necessario, nel recente Ma Loute di Dumont.
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