Regia di Eric Rohmer vedi scheda film
In uno dei più gaudiosi misteri del cinema si contempla l'esaltazione di certi critici per le opere, soprattutto quelle tarde, di Eric Rohmer. In pratica a un certo momento Rohmer ha cominciato a fare gruppi di film (la serie Commedie e proverbi, i Racconti delle stagioni) con protagonisti i giovanissimi e alcuni critici, almeno quelli italiani, si sono messi in testa che i suoi dialoghi rispecchiassero fedelmente il linguaggio degli adolescenti. Mi spiego meglio: gente come Giovanni Grazzini (classe 1925, morto nel 2001) e Tullio Kezich (classe 1928) hanno ritenuto che Rohmer (classe 1920) scrivesse i dialoghi dei suoi film così come parlerebbero i giovani. Io, che all'uscita di "Pauline alla spiaggia" avevo sedici anni, a quella delle "Notti della luna piena" ne avevo diciassette e ai tempi del "Raggio verde" diciannove, non mi sono mai riconosciuto in questi dialoghi insulsi, noiosi e filosofeggianti pronunciati da fanciulle e garzoncelli scherzosi falsi come una banconota da sei euro e mezzo. Alcuni dei suoi film li ho trovati francamente fastidiosi, e se non schifo il cinema di Rohmer nella sua totalità è perché alcuni suoi film (un esempio: "Perceval le Gallois") non li ho visti ed anche perché questo "Le notti della luna piena" non è dei peggiori: molto peggio Rohmer ha fatto, a livello di verbosità del tutto, con "Pauline alla spiaggia" (1983), "Il raggio verde" (1986), "L'amico della mia amica" (1987), "Racconto di primavera" (1990) e gli altri film sulle stagioni. In "Le notti della luna piena" tutto ruota intorno a Louise, una ragazza insignificante (tanto che il regista, per renderla riconoscibile, ha dovuto agghindarla con una crocchia di capelli alla Luigi XIV o, per chi abbia sotto mano le vicende livornesi, alla Mamma Franca) che, dietro all'amore per il fidanzato e a una concomitante necessità di libertà cova la voglia di vivere altre storie, finché il destino non le si ritorcerà contro. Pur come ho detto nella sua insignificanza, la giovane Pascale Ogier, figlia della Bulle Ogier vista nel "Fascino discreto della borghesia", morta a 26 anni pochi mesi dopo la fine del film, per il quale ricevette il premio a Venezia, è brava ed espressiva. Molto meglio secondo me sono però Tchécky Karyo e Fabrice Luchini. Per il resto è il solito Rohmer: avrà anche letto Marivaux e De Musset, ma resta un gran palloso.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta