Regia di Frederick Wiseman vedi scheda film
Qualcuno dice che se un Autore fa sempre lo stesso film smette di avere importanza, ma questa affermazione non sempre è vera. Infatti le si deve concedere il beneficio del dubbio se ogni film di quell'Autore è un esperienza irripetibile e fa parte di un sistema ancora più grande e imponente. E' il caso dei film di Frederick Wiseman, che prosegue la sua enciclopedia filmica sulla società umana prendendo in esame questa volta la Biblioteca Pubblica di New York City, come Jackson Heights, Berkeley e la National Gallery (tanto per citare gli ultimi "set" dei suoi film) crogiuolo di diversissimi tipi umani, destinati a un reciproco confronto serrato a proposito di numerosissimi argomenti. Le singole situazioni dei film di Wiseman sono episodi sciolti e dal ritmo irregolare, che si alternano dopo che, disciplinatamente, Wiseman ci mostra esattamente il percorso per andare da un luogo all'altro, con campi sottilmente ozu-iani per come prestano attenzione, impassibili, ai movimenti delle cose e delle persone e alle insegne degli edifici (si pensi al bar del Gusto del saké). Di Ozu Wiseman ha anche l'estrema essenzialità dei tempi: in effetti, nei suoi film non ci sono mai tempi morti, un'inquadratura senza contenuto non dura mai più di 5 secondi, e anche quando si mette a inseguire gli svariati dialoghi degli esseri umani che osserva in maniera quasi filantropica (Ozu!) predilige l'uso del montaggio e non del piano-sequenza.
Quello di Ex Libris così come quello degli ultimi lavori di Wiseman è un montaggio che andrebbe mostrato nelle scuole di Cinema, l'unico possibile in un documentario "in presa diretta" come questi. Di fatto l'uso di questo montaggio conferma l'idea dell'estrema essenzialità del suo Cinema, a dimostrazione dell'enorme selezione che il regista fa dell'immenso materiale girato (tra settembre e dicembre 2016). 197 minuti di totale essenzialità. Di fatto, durante ogni dialogo (normalmente monologhi, quasi mai botte e risposte), Wiseman riprende sempre i volti di chi ascolta, simulando così uno sdoppiamento della postazione camera che in realtà non c'è: la realtà è che prima registra tutto il discorso, e poi riprende, da altri momenti parlati non destinati al montaggio finale, i volti degli ascoltatori. Questo non è un inganno, ma è la magia del Cinema, la Verità ancor prima della Realtà. Alla luce della necessità di trovarsi sempre al di qua e al di là, in termini di gerarchia dell'immagine: Wiseman documenta di fatto la percezione e la ricezione dello spettatore, guidandola nei suoi percorsi, acciuffando la sua attenzione, riproducendo sempre la filiazione stessa del film in dialoghi veri su argomenti vari.
Sarebbe impossibile elencare tutte le infinite situazioni in cui ci veniamo a trovare in Ex Libris, poderosa giostra di eventi reali. Basti citare monologhi che diventano sfoghi rap, riflessioni sullo schiavismo nella Storia (lo spettro del capitalismo ovunque), confessioni di Patti Smith, anziane donne che ballano, monologhi sul dark digital, festeggiamenti di Halloween in mezzo alle strade (col sottofondo di Thriller di Michael Jackson), riflessioni sull'utilizzo dell'e-book, incoraggiamenti per l'accettazione del diverso, tutto un insieme di sguardi e discorsi che richiamano all'attenzione di ascoltare, e guardare; non c'è nulla da aspettare, è tutto lì. La filmografia di Wiseman viene poi metaforicamente raccontata dal responsabile che spiega ai dipendenti come riorganizzare l'immenso materiale fotografico della biblioteca, diviso per tematica (com'è divisa nei singoli film l'enciclopedia tribale wisemaniana).
Il tutto per documentare l'urgenza della biblioteca newyorkese di assumere lo status di istituzione, che abbia un'influenza socialmente non trascurabile. Ora che Wiseman l'ha scelta come protagonista, istituzione lo è diventata per certo.
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