Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Il giovane Mozart, accompagnato dal padre e guidato da un potente ecclesiastico locale, scende a Bologna per sostenere un esame decisivo presso l’Accademia dei Filarmonici. Un film che si rivede con nostalgia, pur non essendo niente di speciale, perché riporta a un’epoca nella quale il passatismo di Avati era ancora sopportabile. Un’implausibile ma commovente storia in costume, dove un genio vorrebbe sottrarsi al futuro glorioso che lo attende, alla tutela di un genitore soffocante, a un’esistenza incartapecorita che gli fa orrore, e sogna di essere solo una persona normale, di avere un amico e una ragazza; il tutto filtrato da una cornice di ambientazione contemporanea (due vecchietti passeggiano per un bosco che ora non esiste più) e concluso da una filastrocca triste (“Notte. Acqua. Luna. Bosco. Stelle. Fate. Nuvole. Addii”) che sfuma in pianto. Una favola malinconica e gentile, servita dai soliti attori di fiducia del regista bolognese (Delle Piane, Cavina, Capolicchio) ma con tre interpreti esordienti per i ruoli principali.
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