Regia di Fernando León de Aranoa vedi scheda film
VENEZIA 74 - FUORI CONCORSO
Scorci di vita criminali. Il re del narcotraffico Pablo Escobar torna ad essere al centro di un biopic incentrato sulla sua tetra e poco rassicurante, anzi del tutto agghiacciante figura. Aggettivi, questi ultimi, che si spendono almeno tra tutti coloro che non sono mai entrati a far parte, anche solo di striscio, nel suo entourage di imprenditore irrefrenabile, costruttore edile con progetti di ricostruzuone di vecchie cadenti favelas in quartieri popolari dignitosi, ed altre nobili gesta: peccato fossero finanziate impiegando il denaro insanguinato del narcotraffico.
Trasposizione tardiva questa, ma plausibile sulla carta dopo che il nostro Andrea di Stefano si era cimentato, poco prima, nell'ambizioso ed insolito "Escobar: Paradise lost", in cui tuttavia la figura del bandito, ufficialmente in secondo piano o come sfondo di lusso, finiva per fagocitarsi tutto il film. Merito soprattutto della resa scenica, in qurl caso, di Benicio del Toro.
Qui invece il film si concentra - trasponendo liberamente il romanzo già di per sé edulcorato, riveduto e corretto della stessa protagonista - nel periodo caratterizzato dalla storia d'amore segreta tra il brigante e la celebre giornalista televisiva glamour Virginia Vallejo.
Un amore a prima vista quello di Pablo per la avvenente presentatrice, più ragionato invece della donna per il boss: lei bella e difettosa, tutt'altro che avvenente lui, ma in grado di far colpo - con svariate strategie e un carisma marchiato a fuoco - sulla donna/preda presto doma.
Un Pablo, questo, che pretende che la donna, di fatto solo separata, divorzi ufficialmente dall'ex consorte (lui non vuole ma ci penserà il boss a convincerlo!), e che non si separerà mai dalla propria moglie e dalla propria prole.
Da De Aranoa, che fino ad ora ci ha regalato opere molto interessanti, era lecito aspettarsi molto di buono.
Tuttavia già sulla carta il cast glamour che trova in pista la coppia tra le più note ed apprezzate dei jet set, i Bardem (o i Cruz), faceva insospettire.
E se Javier si impegna più che altro ad ingrassare e a trovarsi una capigliatura che pare una versione mossa e riccia di quella del folle psicopatico coeniano de "Non è un paese per vecchi", a stonare veramente e' la Cruz che, impegnata a rendere certamente un personaggio estroso ed eccentrico di donna, si concentra soli sulla parte estetica divenendo una barbie tutta lacca, messa in piega, tailleur e dentucsmaltati abbaglianti (una dentatura che incute quasi soggezione tanto è ostentata e quasi fosforescente) che pare più una "casalinga disperata" che l'amante del "Signore dei cartelli".
Il film, girato correttamente, ma privo di ogni qualsivoglia sussulto o impeto di originalità, si dispiega prevedibile secondo una parabola ascendente che trova il modo, per fortuna, di correggere la sua traiettoria per precipitare più in basso di dove tutto ebbe inizio: crivellato di colpi in fuga sui tetti di una favelas.
Una cocente delusione (speriamo si tratti solo, stavolta, di un lucroso film girato su commissione) per il valido autore di Perfect Day, Princesas e I lunedì al sole.
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