Regia di Gus Van Sant vedi scheda film
Drugstore Cowboy è uno dei migliori film sul tema della dipendenza dalle droghe. Al centro del film, tratto dal romanzo autobiografico di James Fogle e ambientato nei primi anni 70, una banda di quattro drogati di Portland (Oregon), capeggiati dal narratore Bob, dediti ai furti nei drugstore per procurarsi le droghe da consumare. Gli altri componenti della banda sono la moglie di Bob, Diane, l'amico Rick e la sua fidanzata Nadine, il personaggio che si pone ai “margini” del gruppo. Dà loro la caccia il poliziotto della narcotici Gentry.
Lungi dal cadere nel pietismo, nella spettacolarizzazione morbosa o nel moralismo, Gus Van Sant dirige un'opera intimistica, in cui l'attenzione è incentrata sui personaggi, per cui la droga è una vera e propria scelta di vita, il perno attorno al quale ruota la loro intera esistenza (esemplificativa è la scena di seduzione tentata da Diane su Bob, che rimane però del tutto indifferente riuscendo a pensare solo alla prossima rapina). La storia ci è narrata in prima persona dal protagonista Bob, fulcro del film dalla prima all'ultima inquadratura fisse sul suo primo piano, incarnato da un Matt Dillon al culmine della bellezza e della bravura. Nella parte finale c'è anche un cameo dello scrittore eroinomane William Burroughs nel ruolo di un prete cultore delle sostanze psicotrope.
Van Sant, al suo secondo lungometraggio, dimostra di saper dirigere con grande maestria, eccellendo nella alla costruzione di inquadrature originali e mai scontate, impreziosite dal commento della splendida colonna sonora dai toni jazz. Nonostante la crudezza dell'argomento, il regista evita i toni eccessivi e sceglie un registro elegantemente malinconico, di grande effetto. Nella rappresentazione di uno spaccato della sottocultura della droga, Van Sant riesce a narrare un pezzetto della mitologia americana, con al centro il suo (anti) eroe “bello e dannato”, le sue superstizioni (il cappello sul letto), il suo percorso di possibile disintossicazione, su cui il film evita di dare giudizi, ma riesce a coinvolgere lo spettatore attraverso l'eccellenza della regia e dell'interpretazione.
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