Regia di Valerio Mastandrea vedi scheda film
Un operaio muore. Lascia la giovane moglie con un bambino di 10 anni. Un’intera comunità attende vedova e figlio al funerale, occasione oltretutto per richiamare l’attenzione sull’assurdità del decesso.
L’esordio registico in lungometraggio – a ben 13 anni di distanza dal corto Trevirgolaottantasette (2005) – per Valerio Mastandrea è dedicato, oltre che “A chi resta” nella didascalia conclusiva, all’elaborazione del lutto, concetto così delicato, intimo e soggettivo e al contempo pregno di aspettative sociali, spesso pure mal riposte. È il caso anche di quelle nei confronti di Carolina, donna fragile sotto molti punti di vista, ma solidissima di facciata, incapace di manifestare platealmente il complesso intrico di emozioni che cela dentro di sé. Ride è un film ben composto, forse in maniera anche un po’ troppo artificiosa, con una sceneggiatura firmata dal regista (che sceglie coraggiosamente di non ‘spingere’ la sua opera prima mettendosi anche davanti alla macchina da presa) e da Enrico Audenino; un lavoro asciutto nei dialoghi, spesso intervallati da eloquenti silenzi che vengono contrappuntati da un uso furbo più che lungimirante delle musiche: nel corso del film compaiono infatti varie sequenze interamente musicali (con tanto di chiusura al suon di E sei così bella di Ivan Graziani) che vanno a destare uno sgradevole ‘effetto videoclip’. Al netto di certe scelte stilistiche effettivamente, smaccatamente pop, Ride si regge in piedi da sé e lo fa nonostante la traballante interpretazione di una protagonista chiamata a un ruolo di indubbia difficoltà (Chiara Martegiani, ex vincitrice di Amici di Maria de Filippi, nonché compagna di Mastandrea), perennemente a bocca aperta nel bel mezzo di qualsiasi scena; senz’altro meglio i comprimari, del calibro di Renato Carpentieri, Stefano Dionisi e Milena Vukotic. Si attende ora con curiosità una seconda prova registica per Valerio Mastandrea. 5/10.
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