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Fabrizio De Andrè. Principe libero

Regia di Luca Facchini vedi scheda film

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La recensione su Fabrizio De Andrè. Principe libero

di alan smithee
6 stelle

Tra le luci soffuse e la penombra del palco un uomo seduto con una gamba accavallata sull'altra, le braccia con i gomiti sporgenti che accolgono quasi come in un abbraccio una chitarra che mai lo abbandona e si insedia nella figura come una parte integrante del corpo; la testa leggermente incassata, e poi le note che precedono una voce sfacciata e secca, da fumatore incallito, a volte un pò roca, che intona poesie, più che semplici canzoni. Con uno aguardo un pò perso, un pò da duro, ma che nasconde timori, perplessità ed insicurezze che solo una persona intelligente e dotata riesce a provare come una sensazione bloccante, ma anche in fondo galvanizzante se solo si riesce a vincere le incertezze ed i timori del primo momento... la titubanza di affrontare di petto un'avventura straordinaria.

Ma il biopic concepito per la televisione e presentato in una prima versione cinematografica come evento speciale nei giorni del 23 e 24 gennaio, a 18 anni quasi esatti dalla scomparsa del grande cantautore genovese, inizia in Gallura nel periodo in cui il cantante e la compagna Dori Ghezzi, trasferitisi in una tenuta isolata ad una certa distanza da Tempio Pausania, vennero rapiti dall'anonima sequestri sarda e rilasciati solo dopo quattro mesi di detenzione e prigionia tra le rocce e la vegetazione della Gallura. Un incipit che serve ad introdurre la storia del cantautore genovese più ammirato e stimato, dall'infanzia tra i vicoli genovesi ed una famiglia borghese che ha saputo accontentarlo suo malgrado, nonostante le scelte non scontate che il ragazzo già da giovane mostrava di voler seguire.

Il film di Luca Facchini, lungo quasi tre ore, non tradisce mai, né cela, con una certa onestà di fondo, il suo stile scientemente ocnvenzionale di scrittura e la concezione e confezione televisiva con cui è stato concepito, pensato, scritto e realizzato.

Prendendosi il film tutto il tempo per raccontare sin troppe sfaccettature personali, legami e storie parallele collaterali forse, anzi certamente in surplus rispetto al personaggio cardine.

Ma la prova di Luca Marinelli convince appieno: il bravo attore, camaleontico e perfezionista come sappiamo riconoscergli ormai da anni di parti azzeccate e fondamentali, sa calarsi ne lpersonaggio con una aderenza mimica che conquista, partecipando anche con la propria voce, oltre che con le movenze tipiche del cantautore, a fornirci un ritratto davver ocomvincente del personaggio: i timori nell'esporsi a cantare dal vivo, superati in pieno con la maturità, l'insofferenza nel ricevere complimenti e lodi, venire osannato, la capacità di circondarsi di persone intelligenti, ironiche, colte e aperte come lui alla libertà di pensiero, all'anarchia come forma di libertà e di rispetto della persona e delle scelte di vita di ognuno, compiute nel rispetto delle libertà altrui.

Lo vediamo circondato, quasi coccolato da Paolo Villaggio (fu lui a soprannominato "Faber" dalle omonime matite), da Fernanda Pivano, guida spirituale, dalla sua musa Dori Ghezzi, portata qui per l'occasione sullo schermo da una Valentina Bellé fisicamente forse non proprio scontata nella figura minuta e biondo platino della compagna-cantante del grande autore, ma volenterosa e spigliata. E lo vediamo anche rifugiarsi nell'alcolismo e nel vizio del fumo, come riparo da insicurezze e nervosismi, da ansie da prestazioni e timori che la vena creativa lo tradisca da un momento all'altro, lasciandolo nudo, senza più nulla da raccontare e cantare di fronte a chi pretende da lui sempre nuove performance e nuovi spunti in cui perdersi ed emozionarsi. Responsabilità da cui l'autore si difende e schermisce con gli abusi di cui sopra.

Ma il film ha il tatto di accennare soltando a queste debolezze, senza farsene forza, puntando più sui sentimenti verso la famiglia, necessariamente e alla fine rassegnatamente e in qualche modo serenamente allargata e solidale. 

Un prodotto televisivo dunque, questo "Principe libero", che tuttavia, con i suoi limiti e le sue lungaggini o scontatezze narrative, sa ritrarre con dignità e un corretto tratteggio fisico-caratteriale, le linee distintive di un autore che ha trasformato la canzone d'autore in una poesia musicata di travolgente impatto emozionale.

Da "La canzone di Marinella" portata al successo da Mina, sino alla poesia introduttiva "Le nuvole" dell'ultimo disco di inediti cantato singolarmente, passando per una carriera costellata di opere d'arte ove la poesia si trasforma in canzone attraverso la musica semplice ma intensa di una chitarra.

E le ultime inquadrature ci restituiscono il meraviglioso ultimo concerto di Fabrizio, assieme a Cristiano e a Luvi, sullo sfondo di una scenografia di carte da gioco giganti che mi permettono di poter dire, non senza soddisfazione ed un pizzico di emozione: io c'ero.

 

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