Quattro fratelli, con un padre vedovo in coma da cinque anni, hanno appena venduto la magione avìta quando lo pseudo de cuius, miracolisticamente, si risveglia con un solo desiderio persistente: tornare nella casa dove ha allevato i figli con l'amatissima moglie. Come rientrare in possesso del prezioso immobile, senza far morire, stavolta definitivamente, il genitore superstite?
Unico film da regista dell'attore Augusto Fornari che si ritaglia il ruolo sgradevole dell'ex amico bullizzato, e adesso buzzurro arricchito con volontà di rivalsa sui quattro, questa esile commedia agrodolce, che rimanda continuamente i nodi da sviluppare salvo affidarsi a un finale semplice quanto pertinente, avanza grazie alla brillante performance di un cast ben affiatato (servito da una buona sceneggiatura). E se Lino Guanciale, come capocomico, fatica (e sovra recita), corrono in soccorso gli altri tre: Stefano Fresi sempre in parte, Matilde Gioli bella e buffa, e Libero De Rienzo, talmente bravo che ci fa sentire ancora di più la sua feroce assenza.
Sono 90 minuti che scorrono abilmente, spesso si sogghigna (la scena dei pazienti impiccioni, affacciati alle finestre dell'ospedale, fa tanto Un sacco Bello, e tradisce l'origine teatrale del film: da una pièce di Andrea Maia), qualche volta invece s'inciampa nel pecoreccio. Ma per tutto il percorso si sente l'assenza di una piega veramente nera, sulfurea, e, in definitiva, coraggiosa della vicenda.
Piccola parte in italorusso per una Romanoff ironica come non mai. Cameo in amicizia di Giancarlo Ratti.
Le musiche sono di Gianluca Misiti, artista musicale di assoluto valore (chi segue il teatro contemporaneo sa perché).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta