Regia di Douglas Sirk vedi scheda film
Nella parabola sirkiana del mélo post-moderno, Magnifica ossessione riveste un ruolo di primissimo piano. Intanto perché segna il punto di rottura tra il Sirk di prima e il Sirk di dopo. Con Magnifica ossessione Sirk getta le basi per reinventare il genere, e con i suoi esperimenti travolgenti di commistione cromatica ed invenzione stilistica si è formata almeno una generazione di aspiranti autori mèlo (ma anche noir). Con Sirk il melodramma perde la sua accezione gravosa e si tinge di tonalità più terrestri: sebbene tratti di vicende quasi incredibili, il mélo sirkiano ha caratteristiche umane e al contempo algide. E il calore dei colori che urla caliente ne è la dimostrazione palese. Le passioni che trascinano i personaggi che abitano lo schermo sono riconducibili alle esigenze sentimentali dei loro spettatori: divorati dal tormento, patiti della trasgressione, grondanti del sudore provocati dal sole ingannato, quando si innamorano lo fanno perdutamente. Un film ossessionato, senza via di scampo, che taglia, acceca, punge lo spettatore in nome dell’ossessione che lo travolge perdutamente. Jane Wyman si conferma eroina disperata del cinema sirkiano (confermando il suo primato in Secondo amore – nonostante Lana Turner la talloni senza pietà con la sua perfomance ne Lo specchio della vita, epilogo di Sirk) e Rock Hudson, omosessuale ancora non dichiarato per convenzioni sociali, erge la propria icona a vittima inconsapevole del desiderio.
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