Regia di Otto Bathurst vedi scheda film
Benvenuti nell'era Marvel-DC Comics
C'erano una volta i remake, gli adattamenti, le citazioni. A ben vedere non ci discostiamo molto dagli attuali reboot, spin off e retcon. Poi ci si mettono le produzioni Netflix e simili, audaci quanto basta da proporre contenuti nuovi ma con lo spirito imprenditoriale contemporaneo che punta a creare un pubblico, una 'community di followers' prima (condizione sine qua non) di aver confezionato il prodotto. Viste le premesse si possono intuire le conseguenze: prevedibilmente passano il via alla produzione molti film sfilacciati, con una narrativa poco coesa e finali multipli, un montaggio che tradisce queste lacune e a sua le volta aggrava, e così via. Non che manchino esempi simili in produzioni mainstream, ma non è un caso che molti dei prodotti Netflix abbiano questo 'marchio di fabbrica': casi di trame piene di buchi che soffrono dell'assenza di sceneggiatori, final cut prolissi di registi pomposi, per non parlare della sovrabbondanza di finali, alcuni dei quali rilanciano a ipotetici sequel, come nel caso delle serialità fantasy, dagli Avengers a Harry Potter. Robin Hood di Loxley (ribattezzato spiritosamente da Dan Olson di Folding Ideas: Zero Dark Loxley), eroe che ruba ai ricchi per dare ai poveri, si presta perfettamente a essere incasellato in una saga da supereroi, del resto i vari remake erano dei reboot e una serie tv era già stata confezionata.
Benvenuti nell'era Marvel-DC Comics.
A prescindere dal fatto che esca forse troppo a ridosso di una serie (2006-2009) e della versione di Ridley Scott (2010) la nuova versione Netflix lascia abbastanza interdetti per la gran confusione di citazioni e rimandi, né colti né circostanziati, tanto da rendere l'ideologia di fondo altrettanto nebulosa. Il riferimento cinematografico più ovvio è la versione di Kevin Reynolds, con Jamie Fox che interpreta il ruolo che fu di Morgan Freeman, anche se il personaggio a cui aderisce di più Robin è Batman, un orfano erede di una aristocratica magione che di giorno interpreta il ruolo del rampollo viziato e di notte si traveste (rendendosi... irriconoscibile?) per indossare i panni dell'eroe oscuro. Altra fonte ideologico-narrrativa è V per Vendetta: per una buona parte del film il potere ecclesiastico e politico fanno a gara a chi è più sadico e complottano per destabilizzare gli assetti (vendendo armi ai mussulmani per far implodere e sovvertire il regime inglese... mmmh) mentre Rob, l'eroe (anarchico?) mascherato, incita a una rivolta a colpi di molotov contro le istituzioni sobillando la popolazione vessata. Peccato che quest'ultima, (un'entità monoblocco) nell'arco di pochi minuti subisca un vuoto di memoria tale da tornare a uno stato di accettazione dello status quo iniziale e, come sparaflesciata con un neurealizzatore, al pari degli sceneggiatori, non ricordi nulla né del proprio coinvolgimento nella ribellione, né del disprezzo e degli ideali che l'aveva motivata. Marian del resto è una popolana atipica, a metà tra la volontaria Emergency e una terrorista infiltrata, ma vestita e truccata e alla moda. Lo stato militarizzato e le dinamiche di potere, seppur anche in questo caso in maniera incoerente e contraddittoria, sono sottolineati dalla scelta dei costumi, un mix poco originale che copia di sana pianta dal guardaroba di molti film di fantapolitica e dai costumi del bellissimo Riccardo III rivisitato in chiave fascio-nazista di Richard Loncraine. L'impressione che si ottiene a vedere questo pastrocchio, un coacervo irritante di riferimenti disparati che riesce a non essere mai a servizio di un intento narrativo, è che cerchi esclusivamente di pescare l'audience degli attuali blockbuster, i franchise movies con un alto grado di effetti e contenuti generati digitalmente, trascurando tutto il resto che fa di un film un buon film.
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