Regia di Marco Vicario vedi scheda film
Film di genere indefinito, che unisce la comicità grottesca e un po' greve della commedia all'italiana (vedi la parentesi iniziale sullo iettatore e la caricatura finale dello scrittore gay) ad un erotismo ambiguo e cerebrale, tanto sublimato da divenire inconsistente. Il protagonista Piero sembra una versione elegante di Fantozzi, la cui sfortuna è mitigata da una spolverata di sentimentalismo, e nobilitata dall'atmosfera della Ville Lumière. Tuttavia nemmeno i decori raffinati di casa Lenormand ed il fascino boehémien dell'atelier di Valentine sono sufficienti a recuperare lo spirito del romanzo. Il dramma si perde infatti nei meandri di un'avventura surreale, e lo spessore letterario è distrutto dall'insistenza sui dettagli prosaici (il formaggio mangiato con le dita, la salsiccia contesa al gatto, le scarpe vecchie buttate per strada) che sono altrettanti schiaffi all'immaginazione. A ciò si aggiunge l'assurda forzatura di una Parigi in cui tutti parlano italiano: un espediente populistico da vecchio cinemino di provincia. In conclusione, "Il cappotto di Astrakan" è il classico prodotto medio, di puro intrattenimento: magari non malfatto, ma decisamente poco arguto.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta