Regia di Mark Robson vedi scheda film
Dal mitico Val Lewton una produzione horror che sconfina dal genere per raccontare una storia di diritti umani (purtroppo ancor'oggi negati). Film interpretato dall'indimenticabile Boris Karloff, nei soliti panni di villain privo di sentimenti e dunque senz'anima.
Londra, 1761. Al St. Mary's of Bethlehem Asylum (Bedlam) il sinistro George Sims (Boris Karloff) dirige, per conto del ricco Lord Mortimer, il manicomio alla sua maniera. Sadico e cinico, si prende gioco dei reclusi non rifiutando di compiere inutili delitti pur di appagare un macabro senso dell'umorismo, al quale sottopone la platea dei ricchi benestanti. Sims infatti allestisce, a pagamento, recite teatrali sprezzanti, fatte interpretare dai degenti con il solo fine di denigrare i più umili. Nell Bowen (Anna Lee), La più giovane compagna di Mortimer, si pone in difesa degli internati, finendo nel mirino del perverso Sims.
Horror d'epoca, diretto dal prolifico Mark Robson -il cui titolo più famoso rimane probabilmente il "catastrofico" Terremoto (1974)- qui alla seconda direzione di Karloff (l'anno prima presente anche in Isle of the dead). Ispirato dalla serie di dipinti di William Hogarth (8 tele che compongono la serie The rake's progress, datate 1732 - 1734) Robson, supportato in sceneggiatura dal grande Val Lewton (qui in veste anche di produttore), realizza un'opera fortemente drammatica e socialmente impegnata. Oggi la trama può apparire piuttosto semplice, per via di una distinzione netta e inverosimile tra "buoni e cattivi", ma a suo tempo il film ha promosso fondamentali valori, purtroppo mai consolidatisi nel tempo nonostante le più buone intenzioni. Qui (così come nella realtà) l'orrore è quello che sono costretti a vivere i protagonisti reclusi in un manicomio che ha le sembianze di un lager e che, non a caso, si fa tragico spazio per contenere al suo interno i "diversi", gli scomodi, i più indifesi. Fosse solo per questa inevitabile analogia (certamente non casuale) con il quasi contemporaneo fiorire di campi di concentramento tedeschi, Bedlam spicca nettamente sulla media delle produzioni del tempo.
Un film critico contro un sistema prepotente che, al di là del tempo, delle ideologie e del luogo, saltuariamente fa la sua ricomparsa per confinare -e destinare- i più deboli a sessioni di tortura e deprivazione morale inaccettabili. Nonostante si tratti di un prodotto spesso avvolto da un clima di inappropriata ironia (in buona parte riservata alle frasi del pappagallo parlante), e piuttosto privo di momenti spettacolari, resta indubbiamente impresso grazie alla perfida performance dell'istrionico Karloff (qui avvalorata da una camminata ingobbita, un parrucchino agghiacciante ed una postura ad arco delle gambe). Un horror che va oltre i confini del genere, per raccontare una vera storia e sostenere dei princìpi che dovrebbero (ma purtroppo ancor'oggi non lo sono) essere naturalmente consolidati.
"Vado d’accordo con i bambini, con i matti e i poeti,
quelli che perdono la bussola, il tempo e gli schemi,
quelli che saltano sopra i muri e corrono liberi dall’altra parte." (Fabrizio Caramagna)
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