Regia di Guido Brignone vedi scheda film
Nella Roma dell'epoca delle persecuzioni dei cristiani, il tribuno Marco Valerio si invaghisce di Lea, una schiava. Cosa che manda su tutte le furie Giulia Marzia, che ama non ricambiata Marco Valerio.
Le schiave di Cartagine è l'ultimo lungometraggio realmente girato da Guido Brignone, attivo nel cinema da oltre quarant'anni e all'epoca fra i più noti registi di opere destinate al vasto pubblico (melodrammi, cappa & spada, telefoni bianchi, così come i peplum del periodo finale della sua carriera); durante la lavorazione del successivo Nel segno di Roma, è cosa nota, passò a miglior vita e dietro la macchina da presa venne sostituito da Riccardo Freda e Michelangelo Antonioni, quest'ultimo non accreditato. Le schiave di Cartagine è il solito peplum, film in costume antico tutto buoni sentimenti, combattimenti, trame di potere e vendetta, con in più, rispetto alla media, qualcosina alla voce budget. Ciononostante chiaramente il film rimane ancorato ai suoi limiti, con una sceneggiatura banalotta e non esattamente spumeggiante (con quintuplice firma: Francesco De Feo, Mario Guerra, Nicola Manzari, Francesco Thellung, Guido Brignone) e un cast pur non disprezzabile che, però, può soltanto esercitare il proprio mestiere (o la propria avvenenza, come nel caso di Marisa Allasio) per limitare i danni: Luigi Pavese, Jorge Mistral, Gianna Maria Canale, Ruben Rojo, Nando Tamberlani sono fra i nomi principali. Coproduzione fra Italia e Spagna, come era uso ai tempi. 3/10.
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