Regia di Michael Dougherty vedi scheda film
Quando nel 2014 arrivò sullo schermo il Godzilla di Gareth Edwards erano già note le intenzioni della Warner Bros. di gettare, con tale pellicola, le fondamenta di qualcosa di molto più grosso, ovvero sfruttare il materiale originario del Gojira nipponico, un universo di kaiju nati sull’onda del successo del film di Honda e creato dalla mente visionaria del produttore della Toho Tomoyuri Tanaka, per imbastire un vero e proprio Monsterverse di matrice hollywoodiana collaterale a quello giapponese già esistente.
La pellicola si rivelò un discreto successo sia di critica che di pubblico, ma comunque sufficiente a dare il via al programma con il successivo Kong: Skull Island, seppur stilisticamente e dai toni molto differenti rispetto al primo capitolo, e quindi al seguito diretto della pellicola di Edwards, ovvero questo King of The Mosters e, a sua volta, prequel del prossimo e già strombazzatissimo Godzilla Vs. Kong.
In questo senso, a secondo di quale parte della barricata si è scelto di aderire, Godzilla II King of Monsters può essere definito o un blockbuster con poco spessore, puerile e stupido oppure un’esaltazione assoluta, uno spettacolo immaginifico e trascinante.
Se siete più affini a un approccio più profondo al Re dei Mostri e ne avete amato le incarnazioni più riflessive, come quella precedente di Edwards, o la vena politica e/o parodistica di quella di Hideaki Anno allora è probabile che l’impostazione scelta dal nuovo regista non faccia per voi schierandovi decisamente nel primo gruppo.
Se invece in un film di Godzilla pretendente quasi esclusivamente la messa in scena più vigorosa e spettacoloari e feroci combattimenti tra esseri quasi onnipotenti in uno scenario quase sempre apocalittico o nella più totale distruzione allora questa nuova pellicola di Dougherty saprà esaltarvi come si deve.
E se Edwards restava prepotentemente ancorato a un taglio formalmente realistico mostrandoci il punto di vista umano della distruzione operata dalle creature, una soggettiva interessante ma anche ridotta e (spesso) confusa (forse volutamente?), il nuovo regista Michael Dougherty sceglie invece una cifra stilistica diametralmente opposta, mostrando tutta la potenza distruttiva e lo spettacolo roboante dei combattimenti tra i Titani, e declinando tutta la pellicola in tal senso.
Nel lavoro di Dougherty, autore della sceneggiatura insieme a Max Borenstein, non manca la solita chiave di lettura ecologista o una certa critica verso la società dell’uomo o, ancora, una qualche attenzione (!?) ai personaggi ma é soprattutto l’azione e lo scontro tra gigantesche creature a prendere, e in modo sempre più eclatante, il sopravvento sulla storia per un film prettamente catastrofico ma anche privo di qualche particolare idea narrativa (o visiva).
Anche la fotografia, ad opera di Lawrence Sher, contribuisce nel suo cromatismo virtuoso tra il giallo e il blu a macchiare perennemente di ombre a sporcare le immagine, in una continua ricerca di realismo esplicativo almeno quanto anche dissonante dalla stessa realtà che si vorrebbe riprendere.
Lo scontro di Titani si prende il loro spazio e se tutto ciò che li riguarda è potente, eccessivo o smodato nell’intento di far provare la sensazione di trovarci di fronte davvero agli antichi dominatori della Terra il resto della storia se la spartiscono invece i membri della Monarch, organizzazione dedita allo ricerca e allo studio delle creature, con personaggi spesso stereotipati o appena accennati nella caratterizzazione, che svolgono almeno una funzione un po' più marcata rispetto alle precedenti pellicole ma in modo ancora troppo semplicistico e, per quanto si cerchi di dare una funzione a ciascun personaggio, troppo spesso i dialoghi che dovrebbero caratterizzarli risultano assurdi o completamente fuori luogo..
Nonostante tutti gli sforzi infatti ogni volta che i Titani non sono sullo schermo a vincere é soprattutto la noia.
E in tal senso a mancare é anche un cast prezioso ma che, al solito, non viene sfruttato fino in fondo.
Un po' per mancanza di spazio e tempo a disposizione, un pò per una scrittura infantile o per battute ad effetto che lasciano il tempo che trovano e moltissimo (e dispiace dirlo) per interpretazioni generalmente molto poco convinte.
E se la stellina in ascesa Millie Bobby Brown almeno ci prova lo stesso non si può dire di tutti gli altri, a partire (soprattutto) da Vera Farmiga per poi proseguire con Kyle Chandler, Charles Dance, Ken Watanabe, Sally Hawkins, Zhang Ziyi, O’Shea Jackson Jr., Bardley Whitford e Aisha Hinds.
Ma in modo particolare questo lavoro dimostra l’intenzione di espandere un universo che però mostra già diverse crepe e incrinature.
E se la pellicola funziona (!?) come spettacolare film di mostri la scelta di enfatizzarne unicamente l’azione va a scapito di uno sviluppo concreto, ancora troppo confusionario o incapace di creare una reale mitologia di queste creatura, di cui apprendiamo solo quello necessario a spiegare i motivi dello scontro ma, pur cercando di rimanere fedeli ai film originali, falliscono nell’intercettarne l’epica per un risultato insoddisfacente.
VOTO: 5
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