Regia di Robert Budreau vedi scheda film
Se vi siete mai chiesti da dove arrivi il termine "sindrome di Stoccolma", il regista Robert Budreau, ve lo spiega con questo agilissimo dramma di banche e ostaggi, narrazione filmica di una storia vera, accaduta, ovviamente, a Stoccolma nel 1973. Budreau mi piace, mi era già piaciuto nella difficilissima impresa di portare sul grande schermo la vita di Chet Baker, con il buon "Born To Be Blue" del 2015, e da quel film si porta appresso l'ottimo Ethan Hawke, ora anche bravo regista, nei panni di uno scalcagnato rapinatore di banche svedese, che pare più una rockstar che un temibile delinquente, che, suo malgrado, si trova invischiato in una vicenda più grande di lui, con un caso di ostaggi, all'interno della più grande banca svedese. E' qui che succede l'impensabile, ovvero che nello svolgersi, breve, della vicenda, tutti gli ostaggi, ma una donna in particolare, finiscono per prendere le parti del loro rapitore, quasi collaborando al disperato tentativo di fuga. Ma al di là della spiegazione visiva di questa particolare sindrome, c'è anche un film solido, leggero nonostante l'argomento, molto godibile, molto rock, (la colonna sonora è di un Bob Dylan d'annata), che spinge un thriller sui generis in territori alla Coen Bros., anche per la particolare grana della fotografia. Il film guadagna ritmo e suspence nella mezz'ora finale ed è efficace nel descrivere il lento ma inesorabile annullarsi della distanza fra rapitore e ostaggi, mentre attorno a loro si muove, più o meno maldestramente, la polizia svedese, del tutto nuova ad eventi del genere. "Stockolm" non è, chiaramente, "Quel Pomeriggio Di Un Giorno Da Cani", ne siamo molto distanti, ma l'ora e mezza, durata perfetta, scivola via molto bene, gli attori sono in parte e lascia un retrogusto piacevolissimo.
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