Regia di Robert Budreau vedi scheda film
Perchè la "Sindrome di Stoccolma" non succede a tutte le vittime? È questa la domanda che dobbiamo farci.
Dopo quasi dieci anni da "Uomini che odiano le donne", la brava Noomi Rapace - volto anonimo con incredibile capacità espressiva - riesce a farci capire cosa, veramente, sia la cosiddetta sindrome "di Stoccolma". Una sorta di legame assurdo e incomprensibile che lega la vittima al carnefice, specificatamente il rapito al rapitore. E, più del noto caso di Patricia Hearst (unitasi ai guerriglieri che l'avevano rapita), che poteva spiegarsi con un nuovo orizzonte di interesse per la vuota vita di una ragazza miliardaria viziata, qui si riesce invece a spiegarne le vere dinamiche, pur con qualche ingenuità. Immaginiamo un viaggio nella trascendenza, un percorso iniziatico e uno stacco dalla realtà temporale che normalmente ci avvolge e ci comanda. Bene, con velocità e violenza spezziamo questa realtà. Stacco improvviso e cambio di livello. Quella irruzione nella banca, nella nostra vita, ci impone con brusca verità di trasformare il nostro "io di prima" ad un nuovo io: il vero io, "l'io di adesso". Niente più che rimanere soli con noi stessi e con una nuova e improvvisa realtà con la quale fare i conti. Siamo soli, in quel momento. Niente aiuti, niente famiglia, affetti, forze dell'ordine, niente di niente. Soli. E in quanto soli, la relazione che dobbiamo iniziare a creare con quel nuovo mondo è l'unica possibile. È una nuova vita, quella che abbiamo davanti, ed è con quella vita che dobbiamo cominciare a costruire la nostra esistenza. Non c'è spazio per i ricordi, la vita di prima non esiste più. E non può effettivamente esistere, poichè non ha nulla a che vedere con chi ci ha portato dentro a quel nuovo universo. Mi fermo qui. L'unica nota stonata mi sembra Mark Strong, molto più credibile nei panni del solito calvo terrorista islamico (ruolo che lo ha reso celebre) che in quelli del delinquente con parrucca.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Visto al cinema mi era paciuto
Commenta