Regia di Aaron Sorkin vedi scheda film
Le donne, per guadagnarsi da vivere, troppo spesso sono costrette a scendere a patti col diavolo. Fortunate se avvenenti dal punto di vista fisico, a volte si imbarcano in situazioni che gli uomini non potrebbero immaginarsi. E così capita che a causa di una fatalità una campionessa di sci aspirante alle Olimpiadi invernali oltre che studentessa modello destinata alle gloriose aule di Harward, si ritrovi ad accettare l’incarico prima di bistrattata segretaria di un organizzatore di poker clandestini e poi, viste le sue poliedriche qualità, a passare dalla parte del comando.
Fa centro al primo colpo registico lo sceneggiatore e commediografo Aaron Sorkin (suoi, fra altri, gli script di pellicole di gran successo come The Social Network [2010, di David Fincher] e Steve Jobs [2015, di Danny Boyle]). Questo suo Molly's Game trae ispirazione dalla vera storia che la manager di sfide pokeristiche high stakes – dalle poste elevatissime - Molly Bloom ha narrato nel memoriale Molly's Game: From Hollywood's Elite to Wall Street's Billionaire Boys Club, My High-Stakes Adventure in the World of Underground Poker.
Candidato agli Oscar per la miglior sceneggiatura non originale, ha nell’attenta ricostruzione di fatti realmente accaduti uno dei suoi punti di forza. Impalcatura di cui un puntello fondamentale è la solida interpretazione di un’attrice praticamente infallibile qual è Jessica Chastain, già mattatrice nel perfetto Zero Dark Thirty (Kathryn Bigelow, 2012). Qui, rispetto alla sua più abituale essenzialità, l’attrice di Sacramento (California, Usa) indossa i seducenti abiti e il trucco elaborato di una femme fatale ammaliatrice di campioni di carte. Costretta a un ruolo non del tutto ‘per lei’, Chastain se la cava al meglio, anche se questa non sarà di certo ricordata come una delle sue migliori interpretazioni.
Al suo fianco, davvero in grande spolvero, un vigoroso Idris Elba (nel 2013 protagonista nell’apprezzato Mandela: La lunga strada verso la libertà di Justin Chadwick). Il suo avvocato dalle parcelle astronomiche è personaggio che stimola empatia nello spettatore che in lui cerca e trova l’ideale ciambella di salvataggio per una Molly davvero sbatacchiata in acque perigliose. Spazio, anche, per ‘papà’ Kevin Kostner (apprezzato nel più recente Highwaymen - L'ultima imboscata, 2019, di John Lee Hancock) che, seppur non estasiando (anche perché il suo personaggio non ha così tanti minuti a disposizione), se la cava bene nella parte di un genitore prima un po’ troppo severo e nel finale sin troppo suggestionabile.
Il film punta il dito accusatorio - seppure senza calcare troppo la mano - in direzione di un governo americano energico fino all’invadenza nell’opera di repressione di un’illegalità ‘soffusa’ anche agli occhi di una giustizia abituata a pesare attività criminose ben più deleterie per la società. Ai danni di un’inoffensiva biscazziera, per quanto ben equipaggiata di scaltrezza e denaro, si muovono in comunella Fbi e Cia, con un arresto-spettacolo eseguito da 17 agenti nel cuore di una notte newyorkese, degno di un super boss della mafia.
Film più che gradevole. Consigliato, voto 7,3
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