Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Un io narrante imperturbabile ci informa come una particolare congiunzione astrale legata alla posizione della Luna produca, con cadenza quindici-ventennale, un anno emotivamente molto complesso e pieno di tensioni emotive a danno di una stretta cerchia di persone dotate di una spiccata sensibilità caratteriale.
Tra questi figura Erwin, ora Elvira dopo l'operazione che l'ha resa donna, un soggetto fortemente condizionato da fatti, avvenimenti e personalità più forti della sua, in grado di acuire in lei quel senso di disfatta e di precarietà che la tengono sempre vicina alla morte, in tutte le sue accezioni.
Dal macello, dove ha lavorato da ragazzo prima di sposarsi, Erwin ha appreso come la morte sia importante, addirittura affascinante e potente: il solo aspetto che è in grado di spiegare l'esistenza e renderla giustificabile.
Dalla vita viceversa Elvira ha compreso come non ci si possa mai sentire adeguati e soddisfatti, ma al contrario sia così facile venire oppressi e piegati da personalità dominanti che finiscono per annientare ogni più risicato briciolo di individualità e di autostima. E' quello che è successo a Elvira dopo aver conosciuto un ricco ebreo, speculatore edile e magnate di bordelli e prostituzione, personaggio cinico che la induce a cambiare sesso per accontentarlo, salvo poi ripudiarla malamente lasciandola sola, donna e assai poco convinta della sua trasformazione.
Fassbinder scrive, dirige, produce di getto un melodramma stupefacente, drammaticamente ispirato al suicidio del suo compagno Armin Maier, in cui la morte, sia quella realisticamente rappresentata e esplicitata all'interno di un mattatoio, sia quella anelata, teorizzata e quasi matematicamente dimostrata come fosse un teorema con la scena di un suicidio cosciente, lucido e per nulla disperato se non nel risultato, diviene davvero un capitolo ed una esperienza necessaria per dare un senso alla vita, alle sue scelte spesso troppo definitive e frutto di rimorsi e pentimenti d cui non si può più tornare indietro, se non con il passo definitivo.
Ne esce un mondo cattivo, freddo, cinico e crudele, dove al confronto davvero un mattatoio, nell'orrore del suo sangue che cola assieme alle viscere, appare più naturale e vitale rispetto alla freddezza cinica, assassina e disumana degli esseri viventi che popolano il film, tutte maschere deformate dove il sentimento ha lasciato spazio all'individualismo e alla crudeltà più cupa e senza scampo.
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