Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Il sequestro Getty ovvero la prigione della ricchezza. Come nel mito di Mida, il "tocco d'oro" è un dono che si tramuta in sciagura e causa d'infelicità. Tragica e "imperiale" l'interpretazione di Plummer, con tanto di citazione di "Quarto potere". Un film intelligente che però fallisce dal punto di vista spettacolare. Voto 6 - 6 e mezzo.
La paradossale maledizione della ricchezza perseguita i maschi del clan Getty, costringendoli in celle dietro a sbarre di ferro, o in prigioni della mente, persi in sostanze proibite o tra sterminate, e fredde come il marmo, collezioni di opere d'arte. Il film si impantana e si profonde eccessivamente, compromettendo pesantemente il risultato artistico, nella descrizione, scarsamente interessante e poco spettacolare, del sequestro e della lunga trattativa susseguente. Troppe scene raccontano quel che non è altro che il pretesto, la superficie sotto alla quale si nasconde la parte più interessante del film, quella che ci fa scoprire che il ragazzo rapito non è l'unico Getty tenuto in ostaggio dalla sua ricchezza, e che la vera trattativa in atto è quella in cui il reale contendente del vecchio John Paul, il più grande negoziatore del mondo, non è chi ne ha rapito l'erede, ma una controparte ben più temibile e determinata: una madre fermamente intenzionata a riavere con sè il figlio. Christopher Plummer dà un formidabile spessore tragico al personaggio del magnate capostipite; l'ultima scena che lo coinvolge contiene spettrali rimandi sia alla vecchiaia colma di disperazione dell'imperatore Adriano, del quale nel film l'anziano Getty dichiara di sentirsi la reincarnazione, sia al finale del celebre "Citizen Kane" di Orson Welles, carico di tutta la desolazione per una vita che non si è riusciti a vivere, nonostante, o meglio, a causa di tutti i soldi del mondo.
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