Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Ridley Scott da un po' di anni a questa parte non è più il grande regista degli anni 70 e 80? Confesso che la questione poco mi interessa, mentre cercherò di essere obiettivo sul film, che francamente non mi ha entusiasmato. Scott conosce il fatto suo come regista, su questo non abbiamo dubbi, e lo si vede anche qui, soprattutto nel ritmo piuttosto sostenuto e nell'abile incastro di flasback e piani temporali diversi nella prima parte, con un montaggio robusto di Claire Simpson e una fotografia di Dariusz Wolski che sa variare con intelligenza le luci a seconda del contesto e delle diverse ambientazioni. Anche nel cast ci sono alcuni dei pezzi forti della pellicola, con un Christopher Plummer di consumato istrionismo nella parte del vecchio avaro che sembra calzargli a pennello, una Michelle Williams di buona intensità drammatica nella parte della madre coraggio che alla fine la spunta, e fra i caratteristi il giovane Charlie Plummer che conferma le sue doti recitative nel ruolo della vittima (Mark Wahlberg invece sembra poco a suo agio e conferma certi suoi limiti già intravisti anche in altri film più importanti a cui ha partecipato). Tuttavia, la sceneggiatura è spesso discutibile: in più occasioni stravolge i fatti reali a proprio uso e consumo, non è credibile nella rievocazione ambientale dell'Italia anni 70 (la scena in cui l'ex agente della Cia incontra esponenti delle Brigate rosse è davvero infelice, di un romanzesco quasi caricaturale), spettacolarizza inutilmente secondo un gusto hollywoodiano ormai superato nel finale in cui Paul viene liberato e poi rischia seriamente di finire di nuovo nelle mani dei mafiosi (qui mi ha ricordato l'inutile aggiunta spettacolare nel finale di "Argo" di Ben Affleck). La morte del magnate viene fatta praticamente coincidere con la liberazione del nipote in modo arbitrario, creando una specie di lieto fine inopportuno, quando poi nella realtà il vecchio morì qualche anno dopo e il nipote rimase perennemente segnato dall'esperienza traumatica del rapimento; anche il rapporto quasi affettivo fra il carceriere Cinquanta e Paul è poco verosimile, e personalmente avrei evitato di mostrare in maniera così particolareggiata il taglio dell'orecchio, anche se alle platee odierne un po' di truce non guasta mai. Insomma un film traballante sotto molti punti di vista, che ha risentito anche dello scandalo Kevin Spacey e forse verrà ricordato dai posteri soprattutto per il suo re-casting, che appare discutibile ma forse inevitabile se si pensa all'anima commerciale di questo tipo di operazioni; Plummer è bravo e convincente, ma nei flashback certamente non può dissimulare la sua età, quindi io avrei eliminato queste scene per una maggiore coerenza della storia. Una sufficienza stiracchiata per un film che non è certo da annoverare fra i migliori del regista.
voto 6/10
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