Regia di Bernard-Roland vedi scheda film
Cupo dramma su sfondo circense, con quattro splendidi protagonisti. Cinema d'altri tempi e regia di ordinaria amministrazione, compensata da un'ottima sceneggiatura.
Siamo negli anni in cui il cinema italiano si afferma nel mondo grazie al neorealismo. Il cinema francese della stessa epoca resta invece ancorato alle trame e modalità espressive che lo avevano caratterizzato prima della guerra. Film spesso cupi e disperati, storie di uomini e donne artefici o vittime di destini disperati. E’ il caso di questo “Ritratto di un assassino”, ma forse sarebbe più corretto dire di questo assassino suo malgrado. Nonostante il mestiere assai singolare che esercita come motociclista acrobata in un circo che somiglia molto ad un luna park, Fabius è un uomo genericamente stanco della sua esistenza, un personaggio piuttosto medio se non mediocre, sposato a Martha, una donna che crede di non amare più. Richiama però l’attenzione di Lucienne de Rinck, un’impresaria che lo seduce, facendogli balenare la possibilità di un momento di gloria qualora riuscisse ad effettuare per la prima volta un doppio salto mortale a bordo di un’automobile sportiva. Fabius, ammaliato dall’avvenenza della donna, accetta la proposta, lascia la moglie e si prepara all’evento. Viene tuttavia messo in guardia da Eric, un ex-pilota acrobatico scampato miracolosamente ad uno dei folli esperimenti di Lucienne, esperimenti che sono costati la vita ad un elevato numero di vere e proprie cavie cadute nella diabolica trappola. Venuto a conoscenza della morte della moglie, sfracellatasi nel tentativo di sostituirlo nel suo numero sulla moto, Fabius apre finalmente gli occhi e, disperato, uccide Lucienne. Convinto di non aver più nulla da perdere e accettando di fare la fine dei suoi predecessori, si lancia nel doppio salto mortale in macchina che, inaspettatamente, va a buon fine. Magra consolazione e finale aperto su ben cupi orizzonti.
Modesto regista, autore di appena cinque pellicole nell’arco di vent’anni, Bernard-Roland deve il buon esito di questo film alla solida sceneggiatura firmata da quattro autori, tra i quali spiccano Charles Spaak e Henri Decoin, due storici specialisti del genere, nonché alla prova di un quartetto di attori in grande forma e convincenti anche quando si tratta di dar vita a personaggi tutto sommato stereotipati, come Lucienne de Rinck, donna fatale e velenosa interpretata da una inquietante Maria Montez, il temerario ma immaturo Fabius, cui dà vita un ancor giovane Pierre Brasseur, l’ambigua e fragile Martha incarnata da un’Arletty all’apice della fama e, infine, lo sciancato e claudicante Eric, attraverso il quale l’immenso Eric von Stroheim offre l’ennesima prova di un talento fuori dalla norma. E’ l’unico personaggio positivo quanto impotente di una vicenda che lascia molto, ma davvero molto, amaro in bocca.
Film da evitare se si attraversa un periodo nero, tutto da gustare se si è in cerca di un dramma alla Raffaello Matarazzo in salsa francese.
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