Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Un film di Rainer Werner Fassbinder. Con Hanna Schygulla, Hans Hirchmuller, Irm Hermann, Ingrid Caven Titolo originale Der Händler der vier Jahreszeiten. Drammatico, durata 89 min. - Germania 1972.
Con Il Mercante Delle Quattro Stagioni comincia il cinema enfatico (forse enfatizzato) di Rainer Fassbinder. L'aspetto formale, la compostezza apparente dei personaggi celano un disagio che da questo film in poi prenderà le sembianze di un problema sociale profondamente descrittivo della società tedesca ma in più in generale dell' Europea-capitalista.
L'impostazione quasi teatrale da una sensazione di coinvolgimento totoale nella quale lo spettatore si ritrova immerso usando come occhio la telecamera, Fassbinder stimola le sensazioni ma sopratutto toglie alla narrazione qualsiasi retorica ideologica. I personaggi rappresentati nella loro natura più reale ed effimera non comunicano però un senso di realismo, ma al contrario una dimensione quasi distaccata dalla realtà. La freddezza formale, l'emotività ricercata molto spesso funziona ma altre volte lascia in bocca un senso spietato di repulsione.
Il Mercante Delle Quattro Stagioni è esattamente questo: disgusto, distacco, quasi ribrezzo. Personaggi, situazioni sgradevoli non hanno nessun carattere di abbellimento, sono scarni, impenetrabili, morti, nel finale si arriva quasi ad un nichilismo. Una natura morta che però definisce i contorni dell'emotività e sopratutto (e qui sta la bellezza e la genialità di Fassbinder) sa inniettare il siero velenoso del dubbio, dell'incertezza dello sviluppo della storia. Non si sa che cosa aspettarsi, e non si è pronti a tutto, ma stimolare una capacità critica, mobilitare la coscienza sociale e anche quasi politica è l'intento principale di Fassbinder, che costruisce su più livelli emotivi e descrittivi definendo (e poi col tempo affinando) la sua idea di film, quasi con uno schema hollywoodiano classico in mente, ma il melodramma non è solo sdolcinata emotività ma anche e sopratutto critica dal gusto documentaristico. L'ingenuità, la semplicità di fondo di Hans, la cerchia dei suoi antagonisti (famiglia, presunti amanti, l'acool), le sue disavventure, il dramma della sua condizione, la meschinità dei suoi impulsi non sono elementi che non devono portare ad un giudizio ma ad un coinvolgimento più completo, un melodramma “grande” (o almeno ci prova ad esserlo) nei sentimenti che vuole esprimere e nei suoi intenti.
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